Il mio Van Gogh

Ritenuto uno dei pittori più famosi della storia dell’arte, nonostante in vita non abbia riscosso molto successo (in vita vendette un solo quadro intitolato “la vigna rossa”), Vincent Van Gogh è stato molto prolifico con quasi novecento dipinti ed oltre mille disegni realizzati nel corso della sua vita. Il suo modo di dipingere è iconico ed insuperabile, amava dipingere autoritratti, ritratti, cipressi, nature morte di fiori, girasoli e campi di grano. All’inizio, quando dipingeva ancora i contadini e la loro umile vita, utilizzava una palette di colori monotona e che ricordava molto le tonalità della terra, solo in seguito iniziò ad usare colori vivaci, soprattutto il giallo che diceva rappresentasse per lui la fede, la vita e la luce.
In ogni mio articolo c’è sempre un mio disegno, con il mio stile, le mie tonalità, me stessa, mentre la parte scritta che lo accompagna in qualche modo prova a spiegarlo. Da questo articolo in poi intendo parlare di tutti gli artisti con cui credo di avere qualcosa in comune. Personalmente ammiro molto l’impressionismo e come questo sia riuscito a rappresentare la monotonia del quotidiano rendendolo un qualcosa più che spettacolare. Dal diciannovesimo secolo in poi gli artisti hanno deciso di prestare maggiore attenzione al modo di percepire il mondo ma non come lo fanno i nostri occhi, i quali anzi ci ingannano facendoci credere di vedere colori che in realtà non esistono ma che sono solo l’unione di punti e linee ed onde, questo evidenzia quanto sia malleabile ciò che vediamo. L’Impressionismo è una critica al vecchio che vuole far largo al nuovo.
Qui nell’articolo ci sono due miei disegni, esprimono entrambi la mia idea di Van Gogh come persona, sono un inno alla fragilità. Esprimono ciò che io vedo in lui e cosa me lo ha fatto amare così tanto. Ho scritto un intero articolo sul pianto e sul quanto sia bello piangere. Nel disegno che lo accompagnava ho rappresentato una ragazza che piangeva sangue e si strappava i capelli. Il sangue era metafora della sua fragilità che veniva esternata, mentre l’atto di strapparsi i capelli segno del disagio che provava nel mostrarsi fragile. Van Gogh era una persona sensibile, potremmo dire per niente adatta ad un mondo come il nostro, era incline alla depressione, è stato anche in manicomio, ha tentato varie volte il suicidio, purtroppo anche riuscendoci. Volevo poter rappresentare questo suo aspetto, un aspetto stanco (le occhiaie), infelice (gli occhi lucidi e sofferenti), complesso (lo sfondo impreciso, pieno di linee indecifrabili, non si capisce quando una inizia, finisce o si interseca con un’altra), incompleto (le iridi fatte di vortici che lasciano intendere che niente lì è completo, neanche lui si conosce, vorrebbe farlo ma non ci riesce, come non ci riuscirono tutti coloro che lo conobbero e frequentarono perché era una persona complessa).
Questi due disegni narrano una storia e sono stati presentati in ordine cronologico. Il primo, quello in copertina, narra di un Van Gogh che è consapevole della sua fragilità, che desidera che le persone lo amino per quello che è, non vuole nascondersi. Il secondo, quello qui di fianco, narra di un Van Gogh che è stato ferito da chi aveva amato, ora la sua fragilità è ancora più evidente, prova a colmare ciò che gli manca (l’orecchio) con la fede (il girasole, il fiore giallo), aiutando chi è più povero di lui, è un Vincent più maturo e più adulto.

Mariangela Abramo 2Q classico Cambridge 2.0 – liceo Vico Napoli