Doping, i primi casi nella storia dello sport

Capita di sentire parlare di doping nello sport. Ma che cos’è il doping? Per doping, si intende l’assunzione di sostanze ed utilizzo di metodi che possono migliorare le prestazioni fisiche degli atleti e che sono nocive alla salute. Il doping è reato penale. La legge n. 376 del 2000 prevede come reclusione minima da tre mesi a tre anni ed il pagamento di una multa per chiunque assumi, procuri o somministri sostanze dopanti o alteri i risultati delle analisi.
Nel 2009 l’agenzia internazionale contro il doping Wada (World Antidoping Agency) istituisce, inoltre, una commissione di vigilanza e controllo sul doping che aggiorna ogni sei mesi l’elenco delle sostanze dopanti e delle pratiche illecite.
Inoltre, l’atleta deve indicare una fascia oraria obbligatoria per il controllo antidoping e deve
sottoporsi anche a controlli a sorpresa. L’atleta è ritenuto sempre responsabile dei farmaci che vengono trovati nel proprio campione di urina o di sangue. E deve motivare espressamente qualunque motivazione di farmaci.
Nella storia dello sport, il primo caso di doping considerato ufficiale, avvenne durante le olimpiadi di Roma del 1960, che venne scoperto in maniera tragica. Il protagonista dell’evento fu il ciclista danese Knud Enemark Jensen, vittima di una caduta nel corso della 100 km a squadre, che ne provocò la morte. I medici che eseguirono l’autopsia trovarono nel corpo dell’atleta una serie di stimolanti illegali, prevalentemente anfetamine e alcol nicotinico.
Il primo atleta ad essere squalificato per doping fu, invece, il pentathleta Hans-Gunnar Lijenwall durante i Giochi olimpici di Città del Messico nel 1968, l’atleta risultò positivo all’alcol. La colpa dell’atleta fu quella di aver alzato molto il gomito prima della competizione, anche se questa è qualcosa di comune tra i tiratori. Lijenwall e i suoi compagni di squadra persero il terzo posto nelle competizioni a squadre.
Federico Spartà, VDsa