Lockdown, prigionia fisica e mentale

Ansia, panico, disturbi ossessivo-compulsivi, insonnia, depressione, sindrome da stress post-traumatico. Secondo un rapporto della rivista di medicina The Lancet, sono le parole-chiave del lockdown, per non dire dell’intero 2020 . Sintomi, questi, che possono persistere fino a tre anni dopo il periodo di isolamento.
È chiaro: gli esseri umani non sono, per natura, abituati all’isolamento totale. Del resto, come diceva Aristotele, l’uomo è un “animale sociale”, non può vivere in solitudine, poiché senza relazioni sociali sono impossibili l’esercizio della ragione e la conoscenza di sé stessi.
Le conseguenze del lockdown hanno comportato e continuano a comportare profondi cambiamenti nel modo di relazionarsi con gli altri: la paura e il timore hanno preso il sopravvento e chiunque è diventato una potenziale minaccia per la propria salute e quella dei propri cari. Questo ha comportato, in alcuni casi, la chiusura in sé stessi; in altri, il negazionismo, il tentativo di cancellare la situazione creatasi a causa della pandemia.
L’incertezza per il futuro e l’incapacità di fare progetti non fanno altro che aumentare i livelli di stress, portando a disturbi depressivi o psicosomatici.
È aumentato, inoltre, il rischio di violenza domestica a causa della quantità di tempo fuori dalla norma che si è costretti a passare in compagnia di un partner violento, con un conseguente calo delle richieste di aiuto (circa il 55% in meno di chiamate al numero rosa antiviolenza in Italia solo nelle prime due settimane di marzo).
A questa serie di stati psichici si aggiunge molto spesso, purtroppo, il lutto: le persone sperimentano un senso di totale impotenza e di profonda vulnerabilità, che le porta a perdere il controllo della propria vita. Nei soggetti più sensibili, l’incapacità di poter dire addio al proprio caro, il timore di averlo contagiato e i sensi di colpa amplificano il dolore, accrescono il rischio di depressione e portano, talvolta, a consumo di alcol e droghe e, in casi estremi, al suicidio.
Tutto questo, costituisce una risposta più che comprensibile ad una crisi grave e mai vissuta prima. Il modo migliore per evitare di scivolare nella trappola della depressione è accettare i cambiamenti a cui si sarà costretti a far fronte nelle nostre relazioni sociali e, in generale, nella nostra vita. Evitare i bombardamenti dei mass-media, poi, sarebbe più che utile per alleggerire stati d’ansia e di malessere e anche per liberarsi dalla morsa dell’apprensione e della negatività del momento.

Adele Zaccaria 3°B