Il rugby, lo sport di una nazione

Il rugby è uno sport di squadra che la leggenda attribuisce a William Webb Ellis, uno studente della città di Rugby, nella contea di Warwickshire, quando in occasione di una partita di football giocata con regole ancora non standardizzate, raccolse la palla con le mani e iniziò a correre verso la linea di fondo campo avversaria, per poi schiacciarla oltre la linea di fondo campo. Questo gesto stupì ed incuriosì molte persone, che iniziarono a praticare questo “sport”. Questo sport è molto significativo dal punto di vista dell’unione tra le persone grazie all’esistenza del terzo tempo, cioè un pasto post-partita dove le squadre rivali mangiano e bevono tutti quanti insieme. L’unione di questo sport si può trovare nelle radici di una delle squadre più forti di sempre, cioè gli Springboks, la nazionale del Sudafrica. Al tempo dell’Apartheid uno dei più grandi esponenti contro la segregazione degli afroamericani fu Nelson Mandela, a lui venne la straordinaria idea di unire lo stato del Sud Africa sotto i valori dello sport. Nelson Mandela scoprì il rugby per pura casualità, infatti, lo vide giocare da alcune guardie durante i suoi anni di prigionia e, a quei tempi, era uno sport giocato solo da una minoranza bianca. Quindi la scelta non fu casuale, era un modo di rivalsa contro la società. Vi fu un inizio un po’ turbolento, infatti, la prima partita degli Afrikaners, dopo dieci anni, stava per far scaturire una guerra civile dopo che i boeri si rifiutarono di fare il minuto di silenzio come da accordo. Questa fu una miccia per gli Springboks che da quell’anno (1992) unirono le due etnie dello stato anteponendo il perdono alla vendetta, andando a formare “una squadra arcobaleno” che diventerà una delle squadre più forti del mondo ai giorni nostri. Solo tre anni dopo si avverano i sogni di Nelson Mandela, e il Sudafrica vince i mondiali di rugby contro gli All Blacks. Questa non fu solo la vittoria di una squadra di rugby, ma fu una vittoria per un intero popolo che si stava liberando dalle catene della prigionia dell’Apartheid.

 

Simone Giuseppe Nicotra, III B