LETTERA A LILIANA SEGRE

Buongiorno Signora Segre, 

desideravo da tempo scriverLe, ma non ho mai avuto il coraggio di prendere in mano un foglio ed una penna. Oggi, finalmente, mi sono decisa e vorrei dirLe qualcosa sulla quale ho molto riflettuto, dopo aver conosciuto la storia della sua infanzia. 

Molti ragazzi di oggi, tra cui anche io, ci lamentiamo spesso di ciò che non abbiamo: un telefono nuovo, un paio di scarpe o una felpa, insomma qualsiasi cosa, vogliamo sempre avere tutto! Spesso però ci dimentichiamo di quanto siamo fortunati ad avere tutto quello che abbiamo, anche se a noi non basta mai! Sicuramente non siamo noi ragazzi di quest’epoca a doverci lamentare, in quanto abbiamo tanto e di più, ma soprattutto abbiamo la libertà, quella che mancava a voi nel 1944. 

In quel periodo, non potevate avere il diritto di essere voi stessi, di avere dei vestiti, di essere liberi di giocare e di avere un’istruzione, ma ciò che vi identificava era soltanto un numero e quell’orribile pigiama a righe. 

Il solo pensiero che delle persone, tra cui anche bambini e ragazzi come me, avessero in mano uno strumento da lavoro duro, mi scatena una rabbia fortissima, è ingiusto! 

La sua storia, come quella di tante altre persone che, come Lei, hanno vissuto quell’incubo, ci ricorda che noi siamo dei privilegiati, noi non conosciamo il significato del lavoro forzato, della fame, della stanchezza e

della tremenda paura di morire per non aver portato a termine un lavoro imposto. Noi conosciamo la libertà, mentre voi vivevate in un campo recintato con del filo spinato che nessuno poteva attraversare. 

Noi siamo tutelati perché rappresentiamo il futuro, voi invece eravate un nemico da sconfiggere ed uccidere proprio perché rappresentavate il futuro. 

Dopo tutti questi anni passati, mi chiedo ancora oggi, come tanti dei miei compagni, il perché di tutto questo odio e di questa crudeltà e quasi mi sento in colpa per essere una ragazza fortunata! 

Giorgia Lopez 

Scuola Santa Caterina da Siena 

Classe I B