Lettera a Liliana Segre

                                                                                                                                   Trapani, 27 gennaio 2021

Illustrissima Senatrice Liliana Segre,

ho ascoltato la sua ultima testimonianza in pubblico ad Arezzo e sono rimasto così colpito dal suo racconto che ho deciso di scriverle una lettera. Le sue parole mi hanno fatto riflettere su tante cose, soprattutto sulla mia vita di ragazzino che si lamenta facilmente e che a volte pretende troppo. E mi sono vergognato per questo mio comportamento, ascoltando quello che lei, alla mia età, ha passato. Ho pensato al viaggio tra le montagne che lei assieme a suo padre ha dovuto affrontare per andare in Svizzera e alla sua delusione quando dopo tanta fatica un ufficiale vi ha rimandati indietro, togliendovi la speranza di salvarvi. Ho pensato al viaggio di una settimana in condizioni disumane, chiusi in un vagone senza luce né acqua per arrivare al campo di concentramento e a tutta la violenza che ha dovuto subire e che ha dovuto vedere. Mi ha colpito molto quello che lei ha detto sull’amicizia, cioè che tra i prigionieri non c’era amicizia perché tutti avevano il terrore di perdere l’amico e mi dispiace che lei si sia sentita orribile e che per tutta la vita si sia sentita in colpa per non avere detto qualche parola di conforto nei confronti di Janine, la ragazza che lavorava con lei e che era stata mandata a morire con il gas perché si era tagliata le dita e non poteva più lavorare. Lei non aveva colpa, aveva solo tanta paura di morire. Mi ha colpito moltissimo la raccomandazione che ha fatto a noi ragazzi di non buttare la roba da mangiare perché lei sa cosa vuol dire soffrire la fame, tanto da mangiare carne cruda di un cavallo trovato morto, lei che amava tantissimo questo animale. Ma più di ogni altra cosa, mi ha colpito la parte finale della sua testimonianza quando lei racconta che avrebbe potuto sparare al comandante tedesco. Nonostante il suo odio e il suo desiderio di vendetta, lei si è fermata. Non è diventata la persona che avrebbero voluto farla diventare quei mostri, cioè una persona capace di odiare gli altri, al punto di ucciderli. Capisco la sua scelta di non volere più parlare in pubblico per non soffrire ancora ricordando la violenza subita. Ma la sua testimonianza è stata e sempre sarà importantissima per noi giovani. Vorrei chiederle un grandissimo favore: sarebbe per noi un bellissimo regalo se lei potesse inviare un messaggio d’incoraggiamento alla mia classe, in questo momento così difficile della nostra vita, a causa del coronavirus.

Con Stima e affetto

Federico Lombardo, classe II C

Istituto Comprensivo Eugenio Pertini Trapani