• Home
  • Blog
  • Articoli
  • Aurora polare tra mito e scienza: spettacolo luminoso nei cieli dei poli terrestri

Aurora polare tra mito e scienza: spettacolo luminoso nei cieli dei poli terrestri

L’aurora polare è un fenomeno ottico tra i più suggestivi del pianeta. Consiste in archi di luce che varino dal verde al viola, visibili nei cieli notturni dei circoli polari terrestri .
Questo fenomeno ha suscitato la curiosità dei popoli più antichi, che lo associarono a vari miti: molti identificarono le luci nel viaggio delle anime verso l’aldilà, come i Lapponi, che occupano la Lapponia, oggi identificata nel Nord Europa (Norvegia, Svezia, Finlandia e la penisola Kola, in Russia); e i Norreni, originari della Scandinavia e della Germania settentrionale, che credevano che la luce fosse lo scintillio degli scudi delle valchirie, vergini guerriere inviate dal Dio Odino, che accompagnavano i morti in guerra nell’aldilà.
Una visione più positiva è quella dei Norvegesi, secondo i quali le luci erano gli spiriti delle vecchie saggie delle tribù che danzavano.

Fino alla metà del XIX secolo, gli scienziati credevano che queste strane scie luminose fossero dovute alla luce riflessa dagli iceberg, o lampi ad alta quota. A partire dal 1959, data in cui è avvenuta la “grande aurora”, la più grande tempesta solare mai osservata dagli astronomi, le antiche credenze vennero presto sostituite da quelle attuali.
Originariamente, questo fenomeno veniva chiamato “luci del Nord”, fino al 600, quando Galileo Galilei coniò il termine Aurora Boreale, unendo il nome della dea Romana associata all’alba, al vento Boreo, proveniente dal nord. Questo fenomeno però non accade sono al Nord, ma anche nell’estremo Sud, per questo il termine più corretto è
Aurora Polare, poi divisibile in Australe o Boreale, a seconde dell’emisfero in cui avviene. Guardiamo ora la spiegazione scientifica dietro questo affascinante fenomeno:
Sulla superficie Solare, si genera il vento solare, composto da particelle cariche (protoni e elettroni) e da nuclei di elio.

Questo flusso di particelle, che può viaggiare fino a 900 km/s, trascina con sé una parte del campo magnetico del Sole, dando origine al campo magnetico interplanetario. Se il vento solare è poco intenso, il campo magnetico terrestre funge da schermo e le particelle superano la ferra senza effetti. Se l’attività è elevata, può verificarsi la riconnessione del campo elettromagnetico terrestre e quello planetario. A causa della forma del campo magnetico terrestre, schematizzato in linee immaginarie che collegano il polo nord al Polo Sud, le particelle intersecano l’atmosfera a elevate latitudini, quindi verso i poli. Le particelle cariche eccitano gli elettroni dei gas presenti nell’atmosfera, i quali emettono fotoni (energia luminosa) su varie lunghezze d’onda, a seconda del tipo di gas, l’ossigeno emette colorazioni sul verde o sull’arancione mentre l’azoto sul blu e sul viola.

In seguito a fenomeni intensi, è possibile udire suoni simili sibili. La loro natura è tuttora incerta, ma secondo alcune teorie, è dovuto a scariche elettriche realizzate a causa della ionizzazione dei gas. I luoghi più indicati per osservare il fenomeno sono dunque i circoli polari artici. Per quanto riguarda l’emisfero boreale, in Europa l’aurora polare è osservabile dalla Norvegia del nord, Danimarca e in particolare le isole Faroe, Finlandia e Lapponia Svedese; mentre spostandoci negli altri continenti, è visibile
dall’Alaska, nord del Canada e Groenlandia. Se si vuole invece osservare l’aurora australe i posti più indicati sono la Nuova Zelanda, Australia, l’Argentina meridionale e l’Antartide. In genere il fenomeno avviene quindi ad alte latitudini, tuttavia l’arrivo di un vento solare molto intenso, può modificare il campo magnetico terrestre e abbassare la latitudine in cui è visibile. Il cosiddetto evento di Carrington costituisce un’eccezione: tra il 17 e 18 novembre 1859 l’aurora boreale fu visibile a bassissime altitudini, persino in
Italia.
Le aurore possono verificarsi in ogni periodo dell’anno, ma i mesi favoriti sono in corrispondenza degli equinozi, quindi tra febbraio e marzo, e tra settembre e ottobre. Bisogna però tenere presente che non si manifestano tutti gli anni con la stessa intensità, a causa del ciclo solare di 11 anni. Per riuscire a vedere il fenomeno luminoso è opportuno, oltre a recarsi nei luoghi più indicati durante notti a cielo sereno e lontano da ogni fonte di luce artificiale, consultare l’indice Kp. Esso va da 1 a 10, e maggiore è il valore, maggiore è la probabilità di vederlo.

Elisabetta Di Vincenzo