Perchè Fellini è Fellini

Nell’anno che si è appena concluso, il cinema ha  celebrato il centenario della nascita di Federico Fellini, regista di indiscussa fama mondiale, riconosciuto anche dall’Academy.

Citando lo stesso Fellini “America and movies are almost the same thing”: sebbene le origini tecniche del cinema siano attribuibili ai fratelli Lumière ed a Méliès, la settima arte, per come la conosciamo, si è sviluppata quasi esclusivamente in America. 

Attorno agli anni ‘20, con l’avvento del cinema narrativo classico, Hollywood diviene la capitale del cinema mondiale, nonché la meta più ambita da attori e registi di tutto il mondo. La qualità del cinema americano è inarrivabile sotto tutti gli aspetti, basta pensare che fino al 1957 non esisteva nemmeno l’oscar al miglior film straniero (anche se dapprima furono assegnati degli oscar onorari), quasi ad indicarne l’inferiorità artistica.

E’ proprio in quello stesso anno, tre anni dopo la sua uscita, che “La strada” di Federico Fellini vince il primo oscar italiano.

Wikipedia

Dopo il suo primo grande successo, Fellini riesce ad affinare ancora la sua arte con “La dolce vita”, considerato come il suo film di maggior rilevanza storica.

Con tale pellicola, infatti, Fellini dà il colpo di grazia al neorealismo e se ne distacca definitivamente; il soggetto italiano diviene finalmente cosmopolita, raggiungendo una collettività artistica internazionale, non più legata esclusivamente all’Italia. Nella dolce vita, Fellini, dipinge Roma come la città della mondanità e dei piaceri, nascondendo, al contempo, una pesante critica alla spudoratezza incontrollabile dei giornalisti, irrispettosi persino della morte. 

 Se registi come Vittorio de Sica e Luchino Visconti riescono solo in parte nel compito di rinnovare e rendere famoso il cinema italiano, Fellini stravolge qualsiasi regola, decidendo di girare una sorta di “metafilm”, mediante  il quale esternare le sue sensazioni e i complessi psicologici legati alla professione del regista. 

Con 8½, il personaggio stesso di Fellini si esprime a 360°, attraverso sogni, ricordi e sequenze oniriche, la quarta parete viene distrutta, mettendo a nudo la difficoltà di ideazione di un film. Non a caso 8½ viene considerato da registi del calibro di Martin Scorsese e Woody Allen come un’enorme fonte di ispirazione. Nella celeberrima scena dell’harem, vengono rappresentati tutti gli stereotipi femminili felliniani, che tormentano il regista con le diverse sfumature dell’amore, dal sacro al profano; il protagonista, che fino a quel momento era disturbato dal suo passato e dalle persone che lo opprimevano, riesce ad esprimere le sue idee solo alla fine, attraverso un ipnotico “cerchio della vita” che, in un certo senso, rappresenta la riuscita stessa del film. 

Al prosieguo della sua carriera, Fellini si mantiene al passo con i tempi e dirige altri film di grande spessore, primo tra questi, “Amarcord”, capolavoro nostalgico che offre un ritratto degli anni ‘30, facendo uso di espedienti ironici, pur mantenendo le figure tipiche del suo cinema.

Con gli anni, il suo stile unico diventa sempre più famoso nel mondo, fino a quando, nel 1993, gli viene conferita la più grande onorificenza in ambito cinematografico: l’oscar alla carriera.  Poco tempo dopo, le sue condizioni di salute si aggravano fino a portarlo alla morte lo stesso anno.

Fellini rimarrà nella storia del cinema come quel “fregnacciaro” che riuscì ad imprimere i suoi sogni nella pellicola.       

Wikipedia

 

Leonardo Pasini, 3^BC