Il Mos Maiorum: “il costume dei Padri”

Il Mos Maiorum, letteralmente: “il costume degli antenati” (giacché gli avi erano considerati i sublimi portatori dei principi morali), è l’insieme dei valori e  delle leggi non scritte che costituivano l’identità nazionale romana. Alla base della civiltà romana non  vi era  un testo epico come l’Iliade o l’Odissea (cultura greca), bensì vi era un complesso sistema di consuetudini e di comportamenti “campione” che dovevano essere imitati da ogni cittadino.

Secondo questa morale la  figura dell’eroe era quella di un uomo che si distingueva non per straordinarie qualità personali ma per le sue doti che contribuivano al benessere del popolo, dunque veniva previlegiata la collettività sull’interesse individuale. Dal punto di vista etico il Mos Maiorum era formato dai  mores, ossia dai precetti normativi condivisi da tutta la comunità poiché erano proclamati dalla figura dell’auctoritas che  possedeva l’imperium ossia il potere. Tali precetti non erano formati solo da consuetudini e tradizioni più o meno sacre ma rappresentavano un complesso legislativo, molto probabilmente astratto, che ad oggi potremo paragonare alla nostra Costituzione. 

Ai primordi il Mos Maiorum, essendo l’unico regolamento esistente, disciplinava le norme giuridiche ed esplicava un forte legame con lo “ius quiritum” ossia con il primo diritto romano.  L’ avvento dei mores coincide con la nascita di Roma, originato dall’unione romana con quella sabina, secondo la credenza della diarchia del fondatore Romolo e del sovrano sabino Tito Tazio; i mores assumevano anche un valore iconografico in quanto le loro personificazioni erano coniate sulle monete, così abbiamo rappresentate la virtus, la pietas e la fides.

La pietas, ad esempiocomprende definizioni e valori che vanno da “dovere” a “devozione”, più precisamente “compassione”, ed era spesso rappresentata sulle monete come una donna offerente incenso su un altare oppure recante un bambino al seno.

Fidesinveceera il valore che regolava i rapporti tra gli uomini e si realizza soprattutto nel contesto della civitas aiutando il prossimo; questo valore tra i più sentiti dal cittadino romano, veniva raffigurato come una donna anziana dai capelli bianchi, per indicare che il rispetto della parola data è il fondamento di ogni ordine sociale e politico.

La virtusche deriva da “vir”, ossia uomo, designava colui che è valoroso nel corpo e nell’ anima, rispettoso delle leggi e meticoloso nel parlare ed era personificata da una figura detta “honos”, ossia portatore di onore, dignità.

Oltre ai valori basilari sopra enunciati ve ne erano altri come la gloria, ossia la fama che acquisiva chi compiva azioni valorose  riconosciute da tutta la comunità; o ancora l’humanitas, valore che contraddistingue gli umani dagli animali, il buon gusto, l’eleganza, termine che ha attraversato i secoli ampliando in modo rilevante il suo significato; la clementia, atteggiamento che modera l’animo dello sconfitto senza implicare vendetta all’avversario. 

Inoltre vi era l’ ambitiosa morte: il valore del suicidio, reputato da i Romani come una forma di morte onesta preferibile a quel che potremmo definire, citando il sommo poeta, “il viver come bruti senza virtute e canoscenza”; l’industria ossia l’operosità e la majestas: la dignità dello stato come rappresentanza del popolo, e per estensione è anche sinonimo di fierezza,  orgoglio che contraddistingueva il popolo romano  considerato il “supremo”, destinato a governare sugli altri. Infine vi era la religio ovvero la consapevolezza della differenza tra il divino, l’umano e il profano.

Molti autori romani si sono dedicati alla definizione e riflessione del mos maiorumFesto, ad esempio, li definiva “il costume dei Padri” dunque delle credenze che univano un popolo. Oggi possediamo ancora un’identità nazionale dotata dei suoi usi e costumi anche se, con le diverse influenze culturali prodotte della globalizzazione, va via via modificandosi e celandosi, provocando una sorta di conformismo. Ritornando nel passato, secondo Gaio e Sesto Pompilio i mores erano dei modelli di comportamento che ogni buon cittadino dotato di orgoglio doveva rispettare. Potremmo paragonare i mores ai nostri atti normativi scritti che regolano il reciproco rispetto tra i cittadini.

Oggi naturalmente  i valori, o meglio alcuni di questi, sono cambiati o hanno avuto una loro evoluzione rispetto al passato, ma hanno comunque posto le fondamenta della civiltà europea. Certo, nell’antica Roma era forte il senso della collettività, oggi l’individualismo è più marcato rispetto al “noi”, al “loro”, al resto della collettività. Il Mos Maiorum esaltava i semplici costumi, per noi questa semplicità va scomparendo e, purtroppo, acquisisce sempre più importanza l’apparire rispetto all’essere, così come la “morale” dei giovani può essere vista  come un complesso di proibizioni piuttosto che un insieme di   comportamenti etici. Rendendo concreti i valori, la civiltà romana è stata fonte di ispirazione nei secoli; ad esempio “Il contratto sociale” di Russeau è una sorta di filosofia collettivista secondo cui la società umana è organizzata secondo un contratto sancito tra i suoi membri al fine di un benessere reciproco  ed anche altre strutture politico-sociali devono molto alla tradizione romana, soprattutto dove è sostanziale il ruolo dello Stato e della collettività.  Il rispetto per le leggi sentito dai Romani come un valore etico ha delimitato i confini, visibili ancora oggi, tra libertà e libertinaggio, tra  individualismo e socialismo, tra  sfera privata delle libertà e  sfera pubblica dell’utilità.

 

 di D’Annunzio Sara