Mascherine, lo strumento per sanare la nostra fame sociale

Di Anna Galli

Da ormai un anno a questa parte, un oggetto a noi quasi sconosciuto e riservato solamente alle sale operatorie è diventato parte essenziale della nostra quotidianità. Le mascherine, prima come sistema di protezione anticontagio mal sopportato, in seguito come accessori fashion, vengono ora riscoperte come mezzo per aiutare ad allentare le piccole pressioni quotidiane: sono cioè una sorta di scudo sotto il quale nascondere meglio delle espressioni o dei sentimenti (soprattutto negativi), e grazie alle quali si può uscire senza porre troppa attenzione al trucco, alla cura della nostra pelle o alla barba.

Secondo un’inchiesta della Bbc, le mascherine hanno ridotto la pressione sociale dei rapporti umani, favorendo il cosiddetto “coping mechanism”, un meccanismo di adattamento e di risposta che una persona adotta quando si trova in condizioni di stress o particolarmente conflittuali. 

Emilio Masina, psicoanalista e professore all’università La Sapienza ci spiega che costruire delle difese psicologiche in un momento di stress come questo è assolutamente normale: «Nei momenti di difficoltà, come durante la pandemia, tutti ci rifugiamo in un ambiente sicuro come quello infantile, ma il problema è che questa regressione ad uno stato di quiete spinge anche a “lasciar perdere” la fatica della relazione, che però è qualcosa di cui, vivendo in società, non possiamo fare a meno».

Nell’ultimo anno, inoltre, coprirsi il viso è diventato un simbolo di cura verso la comunità, perché con la mascherina ci sentiamo parte di un gruppo che affronta unito lo stesso problema; allo stesso tempo, non dovremmo però dimenticare che ci priva di alcune fondamentali abilità comunicative.

Masina invita per questo a “smaterializzare” la mascherina come parte di un problema che esisteva ben prima della pandemia, e cioè quella difficoltà sempre maggiore a instaurare rapporti duraturi. «Ciascuno di noi infatti indossa già quotidianamente delle maschere sociali a seconda del contesto in cui si trova: se aggiungiamo la mascherina, chiaramente la questione si complica».

In seguito, il problema si concretizza quando ci si concentra su quegli studenti che preferiscono la didattica a distanza rispetto alle lezioni in classe, perché lo ritengono meno stressante a livello emotivo: l’anonimato garantito dalla mascherina si ricollega a quello vissuto dalla maggior parte degli adolescenti sugli schermi digitali, dove hanno trovato conforto durante la pandemia, aumentandone la pervasività nelle nostre vite. 

In conclusione, il coprire le nostre emozioni può essere sentito, soprattutto da chi ha già difficoltà di relazione, come un sollievo temporaneo ma che a lungo andare deteriora la qualità dei rapporti sociali; il consiglio è quindi quello di provare a cercare sempre la spinta del confronto “mettendoci la faccia” anche quando è coperta.