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Patrick Zaki, Ahmed Samir Santawy, Abdel Rady sono tutti sinonimi di coraggio.

La mia scuola, l‘Istituto Superiore “Gaetano Arangio Ruiz“, ha aderito giorno 8 febbraio all’iniziativa di Amnesty International “Libertà per Patrick“ per  ottenere la liberazione del giovane  egiziano. Esattamente un anno prima, infatti, Patrick, un ricercatore che da due anni studiava all’Alma Mater di Bologna, viene arrestato all’aeroporto del Cairo, mentre stava tornando a casa per un breve periodo di pausa dagli studi. Ancora oggi  è rinchiuso a Tora, un carcere rinomato per la violenza e le torture riservati agli sfortunati lì rinchiusi,che purtoppo non sono pochi.

Questa vicenda mi ha fatto rendere conto di quanto io sia fortunato a vivere in un Paese che garantisce la  libertà in tutte le sue forme  e di come spesso non me ne accorga. La libertà che sta permettendo a me, studente diciottenne italiano, di mettere a nudo le mie riflessioni, è la stessa libertà che ha spinto nelle braccia della morte centinaia di persone, la cui unica colpa era quella di lottare per vivere una vita degna d’esser chiamata tale.

Da comune adolescente del ventunesimo secolo, ogni mio momento felice o triste è accompagnato dalla musica. Lunedì 8 febbraio appunto, mentre tornavo a casa dopo la scuola, sul bus dalla mia playlist è iniziata la canzone di uno di quei rapper, Mr. Rain,  tanto giudicati dalle generazioni precedenti alla nostra. Le stesse generazioni che hanno paura della novità, del diverso.

La libertà spaventa più di una prigione e tutti cercano qualcuno per cui liberarsi. L’odio uccide forse è vero come dicono, ma so che è da un veleno che nasce un antidoto” -Mr. Rain.

Mentre il testo di questa canzone, che è poesia, risuonava nella mia testa, ho sentito per la prima volta il reale peso delle parole. Questa frase, che a molti può far pensare ad una storia d’amore, a me ha ricordato Patrick Zaki e i tanti attivisti egiziani ingiustamente perseguitati come Ahmed Santawi  e Abdel Rady. La libertà spaventa più di una prigione, è vero. In un mondo in bilico come il nostro, essere liberi è una sfida con la società. Patrick non ha avuto paura d’esser libero e ne è dimostrazione il lunghissimo articolo sulle violazioni dei diritti della comunità LGBTQ+, con il quale condanna le guerre fatte contro chi espone le bandiere arcobaleno, simbolo della comunità stessa.

Le ricerche e le iniziative in difesa dei diritti umani sono le motivazioni per le quali, oggi, Patrick viene torturato con metodi barbari e disumani, interrogato senza un avvocato e minacciato di morte.

Sulla base di queste premesse nasce spontaneo chiedere: “La libertà di parola, che è uno dei pilastri di una società civilizzata, può essere utilizzata dal governo egiziano come alibi per autorizzare sistemi e metodi illegali?” La risposta è ovvia e non necessita di ulteriori spiegazioni.

Nel 2021 non si può rimanere arenati nell’odio e nella xenofobia. Ma come si possono combattere questi due mostri se chi comanda, anziché spianare la strada in tal senso, getta benzina sul fuoco?

Sentire certi politici appellare gli omosessuali come “casi”, come se fossero infetti dal Coronavirus, è, in primis, una bestemmia alle battaglie di Patrick ed equivale, inoltre, ad una stretta di mano ai suoi carcerieri.

Concludo ponendo tutte le speranze nella mia generazione e in quelle che verranno. Noto con orgoglio che la mia sorellina di dieci anni non ha timore di pronunciare la parola “gay” di fronte ai più grandi per paura d’esser fulminata con lo sguardo. La invidio perché lei, nonostante la sua giovane età, sa pensare con la sua testa e non ha paura di esporre i propri pensieri. Come lei, anche la stragrande maggioranza dei suoi coetanei sono aperti mentalmente e mirano ad orizzonti più colorati. Mi piace pensare che in lei ci sia un piccolo pezzo di Patrick e che magari, un giorno, questo semino possa sbocciare in un bellissimo fiore.

 Sebastiano Spinali 5AT