Si può veramente ancora scegliere?

 

Le grandi aziende e la corsa al profitto sono alla base dell’abitudine all’accumulo compulsivo, basti pensare che la struttura delle stesse aziende si basa su un crescita continua che implica come prima responsabilità nei confronti di chi investe, e quindi degli azionisti, la responsabilità di raggiungere sempre profitti maggiori: sono le regole del sistema capitalista. Tuttavia l’attenzione va posta su un problema diverso dall’entità della crescita, bensì bisognerebbe iniziare a considerare di porsi domande del tipo ‘dove stiamo andando?’. Oppure: si può veramente ancora scegliere?

Se avessimo l’ardire anche di mettere in discussione la parola “sistema” capitalista, azzardando a sostituirla temporaneamente con ‘regime’ potremmo affermare che la gente non ha libertà di scelta in fatto di acquisti. Si parla molto spesso di mercato libero, ma se consideriamo che quasi il 70% della spesa totale per le pubblicità digitali viene incassata da sole tre compagnie – nello specifico Amazon, Google e Facebook- è inevitabile affermare che è presente un monopolio artificiale e che, tramite esso, vengano influenzate i contenuti che puoi guardare o ascoltare, manipolando i nostri interessi oltre che i nostri gusti innati.

Inoltre c’è un enorme sforzo di ‘ingegneria di marketing’ volto alla manipolazione della mente e al convincerci che ciò che desideriamo sia in realtà una necessità primaria. Viviamo nel periodo storico più ricco della storia, siamo sotto costante bombardamento di pubblicità che ci dicono di cosa abbiamo assolutamente bisogno: funziona! Il continuo finanziamento all’advertisement ha prodotto come risultato la creazione di pubblicità intelligenti e predittive, che sembrano conoscerci meglio di noi stessi.

Le grandi aziende hanno il controllo di tutte le nostre azioni: quando usiamo il tablet, quando passiamo allo smartphone, quando cambiamo canale; grazie al GPS degli smartphone seguono i nostri movimenti, per vedere quale cartellone pubblicitario abbiamo appena ingenuamente oltrepassato, in quali negozi scegliamo di entrare e anche quanto abbiamo speso tramite carta di credito.

È in questo modo che calcolano il momento giusto per mandarti un ‘messaggio’, il cui fine ultimo è sempre lo stesso: consumare, comprare, bramosamente e senza parsimonia. A un certo punto però, il problema diventa quasi spirituale, penetra nell’essere e sostituisce altri tipi di valori. Tutti vendono qualcosa, quindi è ovvio che la critica non è volta alla pubblicità in sé: è giusto avere la possibilità di comprare, giustificando così la produzione e le conseguente commercializzazione e pubblicizzazione dei prodotti, è importante però capire che i contenuti pubblicitari siano il più delle volte inutili .

La nostra generazione, più di quelle precedenti, deve sviluppare la capacità di controllare la propria attenzione, perché ci sono così tante entità che competono per essa, che ci illustrano fallaci modi di arrivare alla felicità: la necessità è quella di fare un passo indietro e dire “No grazie, ho prima bisogno di tempo per trovare da solo le vie per la mia felicità”. 

 

Di Giuseppe Capasso, 2i

 

 

 

Fonte immagine: https://www.teenvogue.com/story/what-capitalism-is