TRANS, CIO’ CHE VA OLTRE

Da un’intervista del Collettivo TOO MUCH a Francesco Cicconetti, attivista e content creator.

 

 

Per chi non lo sa, chi è Francesco?

Mi chiamo Francesco, sono un ragazzo transessuale e mi piace parlare della mia storia, di quello che vivo, lo scopo principale è quello di arrivare il più possibile alle persone, per far conoscere.

Hai avuto l’opportunità di fare numerose interviste in collaborazione con enti di informazione cosiddetti mainstream e, per quanto tu non ti definisca un influencer, la tua attività si svolge principalmente sul campo social. Come sfrutti questa tua visibilità? Il tuo account Instagram, nello specifico, come viene utilizzato?

Ho quarantamila follower, ma non sono un vanto, d’altronde lo scopo principale rimane arrivare a più a persone possibile. Però ritengo che i social siano un’arma a doppio taglio: danno voce a chiunque e, quindi, anche a uno come me che li usufruisce con un fine benevolo, ma conosciamo bene anche l’altra faccia della medaglia e ciò è incontrollabile.

Detto questo il mio profilo è lo strumento con il quale mi racconto e pongo la mia storia agli occhi del mondo, in tutte le sue sfaccettature, non solo quelle della transizione.

Ti capita spesso di ritrovarti ad affrontare i famosi ‘hater’? Devo dire che in proporzione sono sempre stati di più i messaggi positivi, poi sicuramente ho ricevuto qualche “fai schifo” o simili, ma mi sembrano inutili, mi scivolano addosso e me li scordo.

Cambiando argomento e andando nello specifico sul tuo percorso di transizione, qual è stato l’aspetto più complicato da vivere e superare?

Il percorso in sé non è semplice ed è dettato, anzi, formato, da piccoli grandi step ed ognuno di essi è difficile a modo proprio, sinceramente per me lo scoglio più grande sono le operazioni: il solo pensiero della sala operatoria, dei tempi e dei modi di degenza mi mettono in uno stato d’ansia non indifferente. Devo dire, però, che è uno step che non ho ancora raggiunto, quindi se volessimo considerare l’esperienza effettiva, direi il coming out con i miei genitori, mi preoccupava molto.

Puoi esplicitare le fasi della tua transizione? È presente un trafila legislativa abbastanza corposa e complessa, riesci a definirla nel concreto?

Il percorso è lungo, tralasciando il fatto che le iniezioni di ormoni vanno avanti tutta la vita. Io mi sono rivolto al centro MIT di Bologna a inizio marzo 2017. Per un anno ho usufruito di sedute psicologiche, dopodiché incontrando varie volte un’endocrinologa a febbraio 2018, mi sono sottoposto a svariati esami volti allo studio delle reazioni che ogni individuo ha in risposta alla cura ormonale, questo periodo dura circa due mesi. Personalmente sono in terapia da due anni, sto aspettando un’udienza del tribunale per confermare o negare la rettifica anagrafica e l’autorizzazione per fare le operazioni.

A proposito di documenti: in una diretta Instagram hai affermato che il cambio del documento in Italia fino al 2015 è stato possibile solo se accompagnato dalle suddette operazioni. Reputi questa cosa una discriminazione istituzionale?

La situazione di fatto non è cambiata molto: il tribunale è quasi una battaglia, succede spesso che per delle sentenze si aspettino tempi oltremodo prolungati, ci vuole molta pazienza. L’obbligatorietà era pietosa, banalmente mi rassicura non avere un obbligo del genere, ma mi fa accapponare la pelle come ragionamento, seppure la strada è ancora lunga, si stanno facendo passi avanti.

Quanto è accessibile a livello economico il percorso?

All’inizio non lavoravo, contavo sull’aiuto dei miei genitori. Il periodo degli incontri con la psicologa mi ha messo davanti a spese irrisorie, si parla di venti euro a seduta. Gli esami ammontano a circa trecento euro, per quanto riguarda il testosterone, che devo pagare finché non mi sottopongo a una sterectomia, mi costa centottanta euro a fiala facendomi un iniezione ogni tre mesi.

Aldilà della transizione, la legge italiana come tutela una persona transgender?

So che gli episodi di transfobia per legge dovrebbero essere puniti, nell’effettività dei fatti ciò non accade: sentiamo continuamente di casi di, in particolare donne, trans* che sono costrette a vivere in condizioni sociali avverse, perché non c’è un vero e proprio inserimento lavorativo, ma anche affettivo, umanizzante. Basti considerare come pubblicamente parliamo di queste persone: le lasciamo sempre un po’ in penombra, magari sbagliando i loro pronomi e facendo uscire articoli di giornale con scritto “lei è Francesca, un ragazzo trans”. Strafalcioni pauorosi, ognuno sul proprio mezzo di informazione può decidere di trattare la tua identità come meglio crede, quindi le tutele sono marginali.

Una tua considerazione sul comportamento dello Stato? È antagonista, indifferente o supporter del tuo percorso?

Con il rischio di contrastare ciò che ho affermato prima devo dire che mi sento e mi sono sentito tutelato. Ho avuto un percorso talmente tranquillo che mi sono sempre sentito protetto, però è una situazione personale, penso che per la maggior parte delle persone non sia così. Bisognerebbe fare più informazione, per porre fine alla ghettizzazione e ai falsi miti che ci aleggiano attorno. Manca un’unità rappresentativa, gli aiuti ci sono, ma dietro le quinte, non si parla molto di noi.

È quindi un lavoro da fare prettamente sul sociale e, secondo te, che ruolo potrebbe avere la scuola italiana nel fornire le informazioni necessarie a conoscere la sfera personale e identitaria degli studenti? In che modo possono insegnarci a rapportarci alle realtà che lo circondano?

Apprezzo moltissimo il lavoro di “piccole realtà “ come il vostro collettivo: portano qualcosa di diverso nell’ambiente scolastico, arrivate a un manipolo di persone ristretto, ma è importante; magari ci fosse stata una cosa del genere nella mia scuola! Dal punto di vista istituzionale si dovrebbe educare – come si fa con italiano, storia e geografia- alla sessualità e ciò non significa per forza buttarsi sulla pornografia; lo dico perché c’è questo timore diffuso di traumatizzare gli studenti, anche se alle medie siamo quasi tutti già sessualmente sviluppati. Sarebbe bello includere tutte le sfaccettature di sé stessi, non solo per imparare il rispetto alla diversità, ma anche per fornire gli strumenti adatti per conoscersi, se non avessi sentito parlare di transessualità per puro caso a 18 anni, probabilmente ora sarei ancora agonizzante per colpa della disforia.

 

Di Giuseppe Capasso, classe 2i

 

 

 

Fonte immagine: https://www.gay.it/francesco-cicconetti-transgender-cambio-documenti-sentenza