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Il 2020 sembra così distante ma è in realtà così vicino

Bisogna sempre vivere con la consapevolezza che non siamo invincibili ma può accadere qualsiasi fatto nel mondo in grado di stravolgere le nostre vite così da un giorno all’altro.
“Che cosa è successo nel 2020?” Potrebbe chiedermi un bambino tra un paio di decenni. Credo che gli risponderei “È successa un’apocalisse zombie” o qualcosa di simile, tanto per esagerare la situazione e attribuirmi esperienze che non ho mai vissuto. In realtà ciò che è successo è molto più semplice, un virus e un mondo impreparato ad affrontarlo. Inizialmente mi ricordo di essere stata molto critica anche nei confronti di chi iniziava a preoccuparsi per questa situazione etichettandoli come “paranoici”. Quando ci dissero che fino agli inizi di febbraio saremmo rimasti a casa esultai, non dovevo più studiare per la verifica di storia dell’arte. Dopo l’8 marzo ho capito che non era semplicemente una “vacanza” concessa dalla scuola, ma era una situazione che riguardava tutti senza distinzioni.
Ho capito che un semplice virus può togliere tutto ciò che rende una persona umana, il contatto fisico, la
voglia di circondarsi di persone, l’affetto e la presenza di chi ci vuole bene, tutte cose che da sempre scredito parecchio ma che col tempo ho imparato ad apprezzare pur non avendole.
Durante il periodo di riapertura pensai quasi fosse preferibile stare senza mai uscire; ormai mi ero abituata così, pensavo.
In realtà avevo esageratamente paura di contagiarmi non tanto per me stessa (forse ingenuamente pensavo di riuscire a cavarmela senza troppi problemi) quanto per gli altri, la mia famiglia, ma anche per
chiunque incrociassi per strada. Temevo di lanciargli una bomba addosso, inavvertitamente, ma comunque per colpa mia. Questo pensiero era fisso e costate, anche col ritorno in classe avevo paura di essere stata contagiata e di essere giudicata per questo; magari una mia scelta superficiale poteva influenzare la vita di decine di persone. Dopo una delle rare serate in centro rimanevo per qualche giorno col pensiero di aver preso qualcosa e di essere responsabile della salute di chiunque. Ecco questa responsabilità mi ha pesato molto, avevo paura di venire giudicata come poco cosciente della situazione ed essere etichettata come “la solita 2002” cosa che ero, ma che per molti aveva un’accezione negativa come se fossimo tutti superficiali e viziati.
Per questo decisi che sì, era una mia grande responsabilità e che volevo provare a tutti che la nostra generazione è altruista, pronta a sacrificarsi per gli altri e comunque ottimista, ottimista verso un futuro più tranquillo, verso un mondo meno confusionario e angosciante, perché diciamo la verità i giovani degli anni 2000, menefreghisti e superficiali, almeno così dicevano, hanno dovuto affrontare imprese non da poco per risolvere problemi creati dai nostri predecessori, che tanto ci hanno giudicati ma che non ci hanno lasciato nei migliori dei modi. Purtroppo.
Sto scrivendo tutto questo proprio nel 2020, ho ancora 17 anni e sto solo immaginando un bambino, che
penso non sarebbe molto divertito da questo discorso.