La ragazza del ’68

Rosetta, la mia nonna paterna, è nata nel 1951 ed è un’insegante di inglese in pensione, vive a Napoli con mio nonno, Franco, dove è tornata dopo aver vissuto per alcuni anni a Milano. Ho deciso di intervistarla per scoprire, attraverso le sue esperienze di vita, che ragazza era, e conoscerla da un punto di vista differente. Per capire che tipo di donna potrei o vorrei diventare.

Mia nonna ha scelto questa foto in cui aveva la stessa età che ho io oggi, perché la vede come l’immagine di una giovane donna che si affaccia, con stupore ma senza timore, alla vita che si apre davanti a lei

     1. Come hai vissuto la tua adolescenza?

I primi anni della mia adolescenza sono stati piuttosto noiosi, poiché mio padre era un uomo molto severo quindi non voleva che io e le mie sorelle uscissimo, era ossessionato dall’idea che noi potessimo frequentare cattive compagnie! Ma lui ci teneva moltissimo allo studio, infatti eravamo tutte molto brave a scuola e siamo andate tutte all’università. L’unico momento di socializzazione che mi era consentito era partecipare al cineforum che organizzava uno dei padri gesuiti che insegnavano nel mio liceo. Questi incontri si rivelarono molto interessanti e mi diedero l’occasione di conoscere le opere di grandi registi, che mi fecero appassionare al cinema. Poi la vita cominciò a diventare più interessante, perché nel frattempo era scoppiato il ‘68, con le rivolte studentesche.

   2. Un aneddoto significativo della tua adolescenza?

A sedici anni, per motivi legati alla severità di mio padre, litigai duramente con lui, e si arrabbiò talmente tanto che mi disse: “Allora non andrai più a scuola, dovrai lavorare, ormai hai l’età in cui puoi lavorare, andrai a fare la commessa alla Upim”. Era estate e tutto sommato pensai che sarebbe stato un modo alternativo di passarla, visto che non facevamo mai niente di particolare. Per cui alla fine fu un’esperienza interessante, bisognava indossare l’uniforme, truccarsi in una sala per il trucco, e tutto questo mi sembrava molto divertente, lavorai lì per due mesi, e tutti i soldi che guadagnai chiaramente li tenni per me, e li spesi per comprarmi vari vestiti e accessori, quello che ricordo meglio è un baschetto rosso, che mi piacque molto, e mi tornò molto utile.

  1. Come gli studenti vivevano il ‘68?

Io frequentavo un Liceo Classico storico del centro di Napoli, all’epoca questo tipo di scuola era frequentata soprattutto da persone di ambiente borghese, che poi avrebbero intrapreso la carriera di professionisti, tuttavia c’erano anche studenti che come me venivano dalla piccola borghesia e altri dal proletariato.

Quelli che erano di famiglia borghese tradizionale, naturalmente, erano quelli che se c’era un’assemblea o uno sciopero, entravano. Poi c’era tutta questa grande massa di gente che era entusiasta per questa cosa totalmente nuova e diversa, le assemblee erano seguitissime, partecipavano in molti.

Tutti quelli che partecipavano più attivamente, studiavano su i testi “sacri” della sinistra, come ad esempio Marx, Engels, Lenin. Molti di loro ho scoperto in seguito che erano diventati professori di storia.

  1. Come è cambiata la tua vita dopo il ‘68?

Negli inizi degli anni ‘70 mi iscrissi all’università, all’Orientale di Napoli, poi quando mi laureai, per il primo anno lavorai in una scuola privata insegnando inglese ai bambini piccoli.

Franco, che poi diventò mio marito, si trasferì a Milano poiché, essendo un artista, poteva trovare maggiori stimoli per il suo lavoro l’. Decisi così di fare domanda per insegnare a Milano, e raggiungerlo, ebbi subito un incarico, avevo 24 anni.

Nel ‘74, era cambiato completamente il quadro politico sociale in Italia, perché, mentre fino a pochi anni prima c’era stata questa spinta quasi rivoluzionaria, iniziò l’epoca del così detto “riflusso”. Io me ne accorsi subito perché Franco e i suoi amici cominciarono ad organizzare delle partite di calcio nel parco Sempione a Milano. Fino ad allora il gioco del calcio era considerata una cosa tendenzialmente stupida negli ambienti di sinistra, e questa per me fu proprio la prova che qualcosa stava cambiando. Negli anni successivi iniziò un’epoca dall’atmosfera plumbea, la stagione del terrorismo.

  1. Come è nata la tua storia con il nonno?

A diciotto anni, conobbi Franco, ci mettemmo insieme nell’ottobre del 1969. Quando lui sì trasferì a Milano, dove io lo raggiunsi, poco dopo decidemmo di sposarci. Facemmo un matrimonio così particolare, non fu uno di quelli classici. Io comprai un vestito di seconda mano, con un bellissimo strascico, e Franco un tight teatrale. Non volevamo che fosse una cosa tradizionale, quindi non andai con mia madre dalla sarta a comprare l’abito da sposa, fu una cosa totalmente anticonvenzionale. Ci sposammo in una chiesa che si trova a Posillipo, si chiamava la chiesa delle missioni. Dopo circa tre anni decidemmo di avere un figlio.

  1. Ti è piaciuto il tuo lavoro e se potessi tornare indietro che avresti voluto fare?

Inizialmente il mio lavoro non mi piaceva, perché non mi sentivo preparata, poi ci fu un lungo periodo in cui mi piacque molto e poi nell’ultimo periodo della mia vita mi è piaciuto sempre di meno. Se potessi scegliere oggi, se insegnassi, mi piacerebbe insegnare storia, perché è l’argomento che mi appassiona di più. Se invece avessi avuto possibilità economiche diverse, forse mi sarebbe piaciuto fare l’archeologa. In conclusione, il lavoro di insegnante è spesso poco gratificante, dai molto e ricevi meno, forse non ero pienamente portata.

  1. Come è cambiata la tua vita con la pensione?

Quando non ho più lavorato mi sono sentita come liberata da un peso, o come una persona che è sempre stata imprigionata e ha finalmente riacquistato la sua libertà, è stata un’esperienza molto bella.

Ero così felice di potermi riposare e non dover più correre avanti e indietro.

  1. Qual è stato uno degli avvenimenti più belli della tua vita?

La svolta della mia vita è stata quando è nata la mia nipotina, e dato che era femmina sono andata subito d’accordo con lei. Quando era piccola andavo ogni mese giù in Puglia, dove lei viveva. E ogni mese aspettavo con ansia che arrivasse questo momento, ogni volta che tornavo a casa mi sentivo malinconica. Dopo che sono andata in pensione ho cominciato a fare le vacanze con la mia nipotina, alla scoperta della Puglia, e dell’Italia, ogni estate in un posto diverso, questa consuetudine si è mantenuta fino ad oggi.

Grazie, nonna, è stato bello scoprire insieme a te questi aspetti della tua vita e della tua persona, sono preziosi e mi aiuteranno a crescere.

Sara Leccese IV G