DAD, la nuova didattica 2.0

È ormai un anno che la scuola si è ritrovata a dover fronteggiare il dramma dell’emergenza sanitaria, dovendo dunque trovare una soluzione per non privare milioni di studenti del diritto allo studio. È una soluzione valida la DAD?

Il mondo, come sappiamo, da circa un anno, sta lottando con nemico invisibile che, oltre a causare migliaia di vittime e contagi, ha anche sconvolto totalmente le vite di tutti. Ad esserne colpiti sono indistintamente grandi e piccini. Per i più piccoli il primo e grande problema emerso è proprio quello della scuola. Dovendo chiudere le strutture, il governo ha subito cercato di proporre un modello di didattica a distanza, col quale le lezioni vengono seguite direttamente da casa con l’ausilio di un computer. L’idea sembra essere risultata valida sotto molti punti di vista, ma solo nel lungo tempo sono emerse le vere prime problematiche; e non sono poche. La didattica a distanza, infatti, ha dato problemi sia ai professori, molti dei quali, si è rivelato, hanno problemi ad approcciarsi in modo efficace ai mezzi tecnologici; sia agli alunni, che da un giorno all’altro si sono visti privati di stare in classe con i propri compagni. E non solo. Potremmo dire anche che i mezzi tecnologici, di per sé, creano problemi non indifferenti. Capita costantemente che, durante una normale lezione, sia alunni che professori siano soggetti a perdite di connessioni, determinando un notevole rallentamento della lezione. A questi problemi si aggiunge anche la costante esposizione agli schermi, quotidianamente e per una quantità di ore non indifferenti.

La soluzione DAD, è risultata , dunque, una soluzione “efficace” sul breve termine, ma assolutamente poco fattibile nel lungo periodo. Di fatto, da parte degli studenti e dei professori aumenta sempre di più la richiesta di ritornare in classe.

Simone Andò, V DSA