Il ruolo della donna nel mondo del lavoro: ieri e oggi

Sappiamo tutti che nel 2021 le donne in Italia hanno il diritto di votare e nel corso dei secoli sono riuscite a raggiungere importanti traguardi, ma quanto effettivamente sono socialmente alla pari degli uomini?

Partiamo dall’Età Moderna. In questo periodo le donne erano solitamente confinate in casa e chiunque di loro volesse svolgere un’attività professionale era automaticamente considerata “disonesta”: avere una moglie che non lavorava era considerato un simbolo di ricchezza. Questo ruolo della donna nella società proseguirà poi anche durante tutto il XIX secolo, periodo in cui le mogli avevano il ruolo principale di curare la casa e di incitare i propri mariti a combattere, soprattutto durante le lotte per l’unificazione nazionale.

La fine del Risorgimento portò però le donne – soprattutto quelle del Nord Italia – a vivere un peggioramento della loro condizione, in quanto il nuovo Codice in vigore stabiliva la necessità per le donne dell’autorizzazione maritale per gestire i propri beni e l’impossibilità di votare alle elezioni politiche e amministrative. In questo stesso periodo, l’istruzione femminile era limitata all’insegnamento delle diverse mansioni domestiche e soltanto nel 1875 fu concesso alle donne l’accesso all’università, nonostante fosse comunque difficilissimo per loro potersi laureare e soprattutto trovare lavoro. Un importante passo avanti fu raggiunto poi il 17 luglio 1919, giorno in cui fu approvata la legge che aboliva l’autorizzazione maritale e consentiva alle donne di poter svolgere qualsiasi impiego pubblico. Tuttavia, solamente con l’articolo 51 della Costituzione si avrà l’effettiva presenza delle donne in tutte le professioni e uffici pubblici.

Nel XX secolo però, nonostante le donne fossero escluse da quasi tutte le professioni, una larghissima parte di loro veniva sfruttata per il lavoro in fabbrica: in totale, infatti, circa il 60% degli operai erano donne.  Solo nel 1902 tuttavia fu introdotto il congedo di maternità, mentre nel 1907, a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, si assistette a un netto calo dell’occupazione femminile e ad un aumento dei licenziamenti: il lavoro femminile era considerato accessorio.  Con il regime fascista poi, grazie alla politica favorevole all’incremento demografico, fu concesso alle donne il congedo durante il nono mese di gravidanza, due riposi giornalieri per l’allattamento, l’istituzione di camere dell’allattamento e il diritto di mantenimento del posto di lavoro durante il congedo e per il tre mesi successivi al parto. Queste innovazioni scoraggiarono però molti datori di lavoro ad assumere delle donne.

Nel dopoguerra le donne ottennero finalmente il diritto di voto e il riconoscimento – teorico – dell’uguaglianza con gli uomini. Questa è infatti tuttora inesistente, se si tengono presenti la differenza (spesso grande) tra il salario medio maschile e quello femminile a parità di mansione e i grandi pregiudizi che spesso molte donne si trovano ad affrontare sul posto di lavoro.

Speriamo quindi in un cambiamento in positivo, portato avanti non solo dalle donne.

 

DI SARA BERTUZZI 2A