Da fuorilegge ad untore

Tra gli ultimi mesi del 2019 ed i primi del 2021 numerosi giorni di quarantena hanno caratterizzato la nostra vita sconvolgendo inevitabilmente gli equilibri raggiunti. Il tempo passato imprigionati in  casa ha portato tante emozioni da cui, spesso e volentieri, avremmo preferito scappare.

La solitudine, la paura, la sensazione d’impotenza o l’essere passivi al trascorrere dei giorni apparivano come ripetizione continua di un “disco senza fine”. Per molti è stato un tunnel scuro che non terminava mai; ogni giorno era la conta, trasmessa al telegiornale, dei morti che aumentavano esponenzialmente, così come i contagi che si duplicavano quotidianamente, quasi a sembrare che potessero diventare anche più dell’intera Italia. Chi era in famiglia necessitava solo un po’ di spazio personale, per chi era da solo in una casa vuota e silenziosa bastava solo caloroso affetto dei cari che sarebbero potuti scomparire da un momento all’altro.

È qui che nascono le varie forme di paura: quella di perdere i propri affetti dove nello scenario peggiore, se positivi, non se ne aveva più notizie fino alla consegna della loro urna, quella stessa paura di non riuscire economicamente ad arrivare a fine mese. E poi la paura di perdere la speranza, la stessa che ci permetteva di vedere uno spiraglio in quel buco nero. Di conseguenza si è scatenata una ricerca pazza e sfrenata “dell’untore”: in una situazione indefinita l’unica cosa da poter fare era trovare un punto di partenza per provare a ristabilire un’ordine che, a causa della pandemia, si era perso, creandosi così una situazione analoga a quella di Firenze raccontata da Boccaccio nel 1300.

Iniziata con il rintracciamento del “paziente zero”, che oramai poco influiva data la situazione già inarrestabile, si è poi continuato nel privato, con una vera caccia alle streghe, come nel Medioevo.

Amici, familiari o estranei venivano visti con occhi differenti, quasi di repulsione, da chi era loro intorno. Anche quando possibile molti preferivano non uscire più di casa, non per la paura di prendere il virus, ma per non essere etichettati come carnefici o colpevoli (in una circostanza che colpevoli non ne ha), nonostan te ci fosse il rispetto di tutte le norme regolamentari.

Il vero problema, tutt’oggi, non è la malattia in sé, dal momento che, come tante altre ancora più gravi esistenti da tempo potrebbe portare alla morte, ma la paura mediatica che ha reso il contesto ancora più critico di quanto realmente fosse.

Questa aggravante si avverte ancora di più quando si parla di accessibilità ai tamponi. Oggi, fortunatamente, devono essere prescritti da un medico prima di essere eseguiti, ma in piena pandemia i tamponi potevano essere eseguiti in ogni momento o  tramite studio privato pagando o tramite centri ospedaliere gratuitamente. Numerose persone, senza apparente motivo o sintomi, si sotto

ponevano alla procedura solo per una paura infondata e capitava anche che il tampone fosse fatto prima del tempo prestabilito, affinché risultasse un falso negativo, pur di non avere sensi di colpa e pur di non essere etichettati come “untori” e non di certo per un reale pericolo di esito positivo al test. Questo comportamento ha causato numerose conseguenze: la richiesta eccessiva di tamponi che, in seguito, ha forzato la pratica dei test da parte di studi indipendenti, rendendo un bene che dovrebbe essere incontestabilmente gratuito a pagamento. Da qui le lunghe file di cui molti lamentano fuori gli ospedali con la conseguente perdita di giornate intere. Tutto ciò ha generato un malfunzionamento delle istituzioni ospedaliere che, già di per sé, non eccellevano. Infatti una delle critiche più dure ed aspre rivolte al governo da parte dei cittadini è stata proprio la grande carenza dei servizi pubblici.

Il quadro generale di quest’anno sarebbe potuto essere meno catastrofico, se solo non fossero stati creati panico mediatico e terrorismo mentale, che spesso ci hanno allontanato dalla ragione e che non hanno permesso la giusta gestione della situazione, sia da parte di noi cittadini, ma anche delle istituzioni.

Francesca D’Ambrosio

3A Liceo Classico Cambridge G.B. Vico Napoli