Il concetto di “guerra giusta”

Il concetto di “guerra giusta” ha iniziato a diffondersi a partire dal IV secolo quando Agostino di Ippona (sant’Agostino) elaborò l’idea di “guerra giusta”, definita come il conflitto ispirato da Dio quale mezzo di educazione alla vita pacifica e di punizione verso i popoli corrotti. Il concetto venne ripreso anche durante le Crociate, tra il 1096 e il 1270, tant’è che queste finirono per essere ritenute “giuste”; lo ritroviamo anche nel processo di colonizzazione, il quale consisteva nell’evangelizzazione forzata degli indigeni a opera dei religiosi. In seguito alla Prima Guerra Mondiale cominciò a farsi strada una nuova idea di “guerra giusta”, ammissibile solo nel caso della violazione degli interessi di uno stato. Lo stesso avvenne dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando la costituzione delle Nazioni Unite rafforzò l’idea che la guerra è ammissibile solo quando si tratta di un atto contro i comportamenti illeciti di uno o più Stati, altrimenti è considerata un crimine.

Ma può davvero esistere una “guerra giusta”?
Nonostante le dichiarazioni delle Nazioni Unite, molti sono stati gli eventi che hanno messo in dubbio il concetto di guerra giusta. Un esempio è l’intervento militare della Nato durante il conflitto del Kosovo, eseguito senza alcun mandato delle Nazioni Unite per fermare l’operazione di pulizia etnica voluta dal governo di Milosevic contro la minoranza albanese del Kosovo. Tale evento fu considerato da molti un intervento umanitario per la difesa dei diritti umani, mentre altri lo criticarono per violazione al diritto internazionale. Diverse furono le motivazioni di tale critica: assenza di legittimazione internazionale, pesante coinvolgimento dei civili, sproporzione tra gli scopi e gli strumenti militari impiegati.

 

Serena Trigona, III B