Le mascherine usate: dove vanno a finire?

È ormai passato un anno dal primo caso di COVID-19 in Italia: un anno di pandemia, che ha costretto il mondo a fermarsi. Questo improvviso stop ha sicuramente procurato dei vantaggi per quanto riguarda la situazione ambientale: infatti, essendosi fermate le fabbriche, le automobili e tutto il resto delle emissioni di gas, sembra ci sia stato un miglioramento nella qualità dell’aria. Dunque, se da una parte la pandemia ha portato una piccola diminuzione dell’inquinamento, dall’altra, l’utilizzo eccessivo di mascherine ha generato una esigua quantità di rifiuti da smaltire.

Dunque una giusta soluzione per evitare di incrementare problemi di inquinamento sarebbe imparare a smaltire questi oggetti, che potrebbero avere effetti davvero dannosi sull’ambiente. Le mascherine sono formate da due o tre strati di tessuto costituito da fibre di poliestere o polipropilene. Questi materiali non sono riciclabili, bisognerebbe quindi evitare di gettarle ovunque, per le strade, in spiaggia, nei giardini. Questo porta a gravissime conseguenze per l’ambiente: le mascherine possono finire in mare, vengono scambiate per cibo dalla fauna marina ed ingerite; in questo modo gli animali muoiono. Ma possono verificarsi anche pericolose conseguenze per l’uomo: questi oggetti infatti, degradandosi, immettono in mare varie sostanze di cui sono costituiti, come ad esempio le microplastiche, e queste sono poi ingerite dagli stessi pesci che, dopo esser stati pescati, finiscono sulle nostre tavole imbandite.

Per limitare questi spiacevoli eventi basterebbe sapere come smaltire adeguatamente questi rifiuti. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità il corretto smaltimento di questi dispositivi sanitari dovrebbe avvenire mediante gli inceneritori. Ma affinché questo possa realizzarsi sarebbe necessario che ogni singolo cittadino facesse la propria parte. Infatti, bisognerebbe che ognuno di noi si impegnasse a gettarli nella pattumiera della raccolta indifferenziata. Basta un piccolo gesto per fare la differenza.

Chiara Asia Ferri