Disturbi alimentari

I disturbi alimentari consistono in disfunzioni del comportamento alimentare e/o in comportamenti finalizzati al controllo del peso corporeo, che danneggiano in modo significativo la salute fisica o il funzionamento psicologico delle persone che ne soffrono e delle loro famiglie, che si trovano a dover combattere contro un problema insidioso, difficile da riconoscere e da curare. Negli ultimi anni i disturbi del comportamento alimentare sono nettamente aumentati in particolare nel mondo occidentale, dove l’ideale di magrezza e di linea perfetta è sempre più diffuso. Colpiscono ogni strato sociale, con una forte prevalenza nel sesso femminile, circa il 90% delle persone affette da questi disturbi è di sesso femminile. Insorgono generalmente nell’adolescenza, sono in aumento anche i casi di bambini ed adulti diagnosticati con questa tipologia di disturbo. In persone oltre i 40 anni, spesso il disturbo è causato da un evento stressante della vita. Questo tipo di disturbo ha un ruolo particolare all’interno della psichiatria, in quanto oltre ad interessare la mente e provocare sofferenza psicologica, coinvolge anche il corpo poiché può avere complicazioni fisiche molto gravi a carico del cuore, del sistema digestivo, delle ossa, dei denti e della bocca, fino a generare altre patologie. I disturbi alimentari possono, inoltre essere associati talvolta ad altri disturbi psichiatrici, come la depressione, i disturbi di personalità, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo d’ansia. La forma più nota di disturbo alimentare, è l’Anoressia, oggi detta Nervosa, un tempo anche Mentale per sottolinearne la natura essenzialmente psicologica. L’Anoressia è legata ad un ingiustificato timore di ingrassare e interessa tipicamente il genere femminile. Ai giorni nostri non rispetta l’ideale standard di bellezza crea stress e ansie, infatti i prodotti che promettono di far perdere peso occupano, uno notevole spazio nella pubblicità. Ciò che contraddistingue la condizione anoressica sono però le modalità particolari con cui il timore di ingrassare si manifesta. All’Anoressia si contrappone invece, la bulimia, detta DAP-Disturbo Alimentare Psicogeno o MIA, si manifesta con abbuffate ricorrenti e compulsive in cui si mangia in poco tempo una quantità di cibo superiore a quella che mangerebbe la maggior parte delle persone: in media, da 5.000 a 20.000 calorie in un’ora. A questi episodi, caratterizzati da un incontrollabile bisogno di mangiare e seguiti da senso di colpa e paura di ingrassare, chi soffre di bulimia cerca di porre rimedio con strategie compensative. Tra queste, il vomito autoindotto, l’esercizio fisico esagerato, il ricorso ai lassativi o al digiuno, per svuotare subito lo stomaco o ridurre l’impatto calorico di quanto ha appena mangiato. All’origine della bulimia nervosa, come dell’anoressia, ci sono un problema di autoaccettazione e una mancanza di autostima che derivano da una valutazione di sé fortemente influenzata dalle proprie forme e dal proprio peso. Il bulimico attribuisce un valore troppo elevato alla magrezza, quindi, dopo aver ceduto alle abbuffate, a cui non è in grado di porre un freno, cerca di esercitare un controllo sul peso con metodi drastici. Un altro tipo di disturbo alimentare è l’ortoressia che consiste nell’ossessione per il cibo sano e naturale. Chi ne soffre è portato a ricercare in modo maniacale alimenti naturali, biologici e non contaminati. Questo lo induce a condurre analisi esasperate sull’origine, la lavorazione, ma anche sul contenuto di grassi, zuccheri e calorie dei cibi che porta in tavola. L’obiettivo è quello di tutelare la propria salute, ma questa finalità, che entro certi limiti può risultare condivisibile, in chi soffre di ortoressia assume la forma di una vera e propria fobia. Le conseguenze sono il pensiero ossessivo nei confronti dei propri pasti, la loro pianificazione rigida, il senso di colpa quando non si riesce a soddisfare il proprio desiderio di cibo sano, l’esclusione di alimenti che non rientrano nelle proprie regole alimentari, l’isolamento sociale, perché la preoccupazione per quello che si mangerà porta ad evitare tutte le occasioni potenzialmente a rischio. Per aiutare coloro che ci sono vicini bisogna sicuramente, prestare attenzione ai segnali iniziali del disturbo e far capire all’altra persona che si è aperti ad avere un dialogo, senza che essa venga giudicata o derisa.

Adriana de Bernardo 2Q classico Cambridge 2.0 – liceo Vico Napoli