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 IL RAPPORTO PADRE- FIGLI  : DALLA LETTERATURA LATINA AI NOSTRI GIORNI

 

Dall’età arcaica fino alla tarda età imperiale il padre romano  aveva  diritto di vita e morte sul figlio , soprintendeva a tutte le fasi della sua esistenza  e solo quando moriva,  il figlio poteva diventare a sua volta pater familias: tutte le scelte di vita del figlio erano condizionate dal padre , per cui anche nel momento in cui aveva una famiglia propria , un figlio doveva comunque rendere conto delle sue azioni  al padre .

Questo dipendeva dal  mos maiorum , il nucleo della morale tradizionale romana , che predefiniva   dei ruoli e dei modelli di comportamento all’interno della famiglia patriarcale: in questa circostanza  la donna aveva  un ruolo marginale e le venivano affidati compiti fissi , come la gestione della casa e l’educazione dei figli, mentre la figura paterna , il pater familias , possedeva  l’autorità su ogni membro della famiglia e costituiva un esempio da seguire per i figli , sopratutto se maschi .

Autorità , austerità e distacco connotavano la figura paterna: questo rendeva l’uomo un vir, un uomo forte e di carattere , dai costumi integri e dalla grande forza di volontà e con il principale scopo di valorizzare  la sua immagine nella società .

Per questo motivo il pater familias doveva condurre  una vita semplice e parsimoniosa con l’unico scopo di accumulare l’eredità familiare , basata  solo sul lavoro duro e sulla fatica , senza nessun tipo di diletto non necessario , in particolare modo lo sfarzo , che veniva considerato segno di decadenza in una società prettamente militare come quella di Roma .

L’uomo  esisteva più in relazione ad un’idea della società che in relazione alla sua individualità e questo ovviamente innescava un conflitto tra padri e figli , poiché i figli  vivevano tutta la loro vita cercando di diventare un’idea e di interpretare un ruolo solo per accontentare i padri .

Ai figli veniva  negato l’errore  , perché visto come segno di debolezza morale o un’onta nei confronti della famiglia e per questo vivevano  la loro crescita in modo negativo , perché legati al padre dalla paura e non dall’amore e dall’affetto che la comunicazione aperta avrebbero permesso.

La realtà della domus è circoscritta , offre una porzione di esistenza ristretta  e , come emerge nelle commedie di Plauto e Terenzio , i figli adolescenti tendono a voler evadere da questa dimensione e cercano esperienze nuove e anche sbagliate al di fuori  delle aspettative paterne  , come è giusto che sia: per esempio un tema ricorrente sono le relazioni  con donne non nobili , spesso cortigiane , disapprovate con ostinazione  dal padre  che, quando scopre di queste relazioni , spesso si sente tradito e deluso  dal figlio .

Cosa emerge però nei testi di Terenzio , anche per un contatto più esteso con la cultura greca e con un’evoluzione generazionale , è  un aspetto più sentimentale e umano dei padri : per esempio, ci sono uomini come Micione negli Adelphoe che preferiscono usare i soldi per diletto e non necessariamente per un aspetto pratico e di conseguenza adottano un modello educativo più indulgente , che si allontana dal modello tradizionale da cui loro si erano sentiti vessati in giovinezza , mentre poi c’è il fratello di Micione , Demea , che fa ricorso al modello tradizionale e spende tutta la sua vita in fatica : il risultato del modello educativo di Micione con uno dei due figli di Demea che ha adottato ha risultati più positivi e il ragazzo lo rispetta ed è legato a lui da un profondo affetto , mentre Demea , col suo atteggiamento severo ottiene solo disprezzo dai figli , che sono sottomessi e legati al padre solo dalla paura .

Questa evoluzione di mentalità dipende  da un cambiamento economico e  sociale  per il quale  è inevitabile che lentamente i ruoli paterni assumano  diverse sfumature: l’impatto della cultura greca e il passaggio da Repubblica a Impero avevano allargato  gli orizzonti della tradizionalista morale romana e i lavori si erano diversificati  , si praticava di più  il commercio e l’interscambio culturale era maggiore , per cui non c’era più una dipendenza stretta dei figli dalla domus  e,  nonostante ereditare il lavoro paterno fosse  ancora importante , la liberalità permetteva   una minore esigenza di vivere la vita secondo gli  ideali della società e  l’uomo iniziava a sviluppare la sua individualità , anche con la pratica dell’arte e della letteratura  , considerati prima melensi , perché senza un vero e proprio scopo pratico .

Ai giorni nostri  l’abbandono della società patriarcale e di una vita inflessibile e statica  fatta di ruoli e di modi di essere e  di vivere , specialmente in Italia , corrisponde al boom economico degli Anni 50- 60: urbanizzazione e passaggio da una economia agricola ad una basata sulla produzione industriale garantiscono  l’indipendenza ai   figli di famiglie  patriarcali molto numerose e l’occasione di migliorare la propria condizione  , l’economia  di  autosufficienza lascia le famiglie , l’educazione garantita a tutti gradualmente apre più strade anche ai più poveri e c’è un progressivo allontanamento  dei figli dalla figura paterna , perché il mondo ha ormai   opportunità diverse , non solo  quella di continuare a coltivare lo stesso campo o occuparsi della stessa bottega di famiglia fino allo stremo delle forze .

 

Nonostante ciò , viviamo in una società con un retaggio culturale ancora  estremamente arcaico e c’è ancora molto progresso da fare: basti pensare che il delitto d’onore , usanza arcaica riconducibile al mos maiorum latino , è stato abrogato  nel 1981 , solo 40 anni fa , e se è vero che abrogare una legge ingiusta  è il primo passo per l’evoluzione , c’è ancora molto di antico anche nella mentalità di oggi , in cui ci sono ancora padri che mettono al primo posto il loro onore  piuttosto che l’affetto e la felicità dei figli.

Infatti la mascolinità tossica e il sessismo ancora predispongono  idee di come un uomo dovrebbe essere o comportarsi , un modello da rispettare che è ancora quello del vir: nella famiglia l’uomo deve essere quello che si occupa di portare i soldi a casa   , deve essere forte e avere abilità pratiche o deve amare gli sport “ da maschio ”, come il calcio , perché  altrimenti se ha interessi che non coinvolgono la forza fisica , come la lettura o l’arte , è considerato meno uomo o addirittura “ effeminato ”, come se ci fossero qualità o interessi che definiscono i due sessi .

Quanti padri ancora preferiscono che il figlio  si mostri forte e mai vulnerabile , come se mostrare l’emozione fosse una debolezza e che vogliono  che il figlio faccia mestieri come il dottore o l’avvocato perché considerati più “onorevoli ”, quando in realtà un lavoro onorevole è  quello che ti permette di esprimere al massimo le tue abilità e non quello che conferisce più fama .

Un uomo  non può vivere secondo un’idea di come dovrebbe essere , ma deve avere la possibilità di essere tutto ciò che vuole allargando i suoi orizzonti  e il  genitore non può essere l’ostacolo che impedisce la crescita individuale del figlio perché questo andrà a creare solo un grande divario tra la figura genitoriale  e il  figlio , che non si sentirà mai libero di essere ciò che veramente è .

Nel “ cacciatore di aquiloni” , romanzo di Khaled Hosseini, c’è l’esempio emblematico dell’effetto deleterio della mascolinità tossica sui figli , e anche se ci troviamo in un tipo diverso di società  , quella Afghana , con un’organizzazione molto arcaica ,  il rapporto padre- figlio  non è molto diverso  da quello che caratterizza molte famiglie dell’Occidente .

Baba è un uomo possente , forte , dalla grande qualità fisiche , mentre il figlio Amir non ama molto le attività fisiche o il calcio come la maggior parte dei bambini , ma ama la lettura o la scrittura e per questo motivo  il padre per tutta la sua infanzia lo considera diverso e debole e addirittura ignora tutte le cose che scrive, perché non crede che la scrittura sia un’attività onorifica per un maschio , nonostante il figlio abbia un  talento unico per essa .

Cosi Amir  passa tutta la sua infanzia cercando di ottenere l’apprezzamento del padre , sentendosi sempre inadeguato e spesso ignorato .

Nonostante   alla fine il padre incoraggerà   il suo talento , lo farà  quando sarà ormai troppo tardi ,  negli ultimi mesi della sua vita , quando sta per morire ,  una delle poche circostanze,   se non l’unica, in cui si mostrerà vulnerabile , si lascerà dominare dalle emozioni e in cui veramente il figlio riuscirà ad avvertire il suo affetto .

È veramente triste  pensare che situazioni del genere accadano anche nella realtà e che veramente qualcosa di così insignificante come la virilità che la società attribuisce all’uomo non permetta lo scambio di emozioni libero tra padri e figli .

Infatti , nonostante la società stia cambiando , persiste ancora  la concezione sbagliata che   l’emozione sia   una debolezza , quando in realtà  è  una forza , perché i sentimenti sono quello che restano dopo che le persone vengono a mancare , la fama e l’onore invece lentamente spariscono e non sono veramente importanti , come credevano i Romani .

Alla fine è l’affetto dei nostri figli  che ci tiene vivi nel tempo e per questo   va sempre espresso e mantenuto intatto nel tempo .

Giulia Cuozzo III C