Intervista ad Erodoto

Cicerone lo ha definito “il padre della storia” Lui si è messo a disposizione per essere intervistato e rendere il suo lavoro più noto a tutti. Per la prima volta al servizio del pubblico, lo storiografo greco, viaggiatore, filosofo della storia e un simbolo nel suo campo, Erodoto da Alicarnasso. Innanzitutto un ringraziamento per la sua disponibilità, e, prima di iniziare l’intervista, le chiederei di parlarle un po’ di lei, se non è un problema.

ERODOTO: Grazie a voi per avermi voluto intervistare. Il mio nome è Erodoto, e nonostante, come annunciato, io provenga effettivamente da Alicarnasso, a causa delle mie idee politiche contro il dittatore della mia città mi sono dovuto trasferire in giovane età a Samo, per quanto vada detto che il mio lavoro mi ha permesso di viaggiare e scoprire costantemente nuove culture, che è tutto ciò che desidero fare. Sono onorato della classificazione come simbolo della mia professione, ma mi sono guadagnato questa definizione tramite la fatica, il mio lavoro sul campo e le innovazioni che ho cercato di portare al mestiere, provando a non tenere conto delle interpretazioni date dagli storici a me precedenti e cercando di confrontarmi in prima persona con le realtà che sono andato a studiare, e nel caso non riuscissi mi sono premurato di dare solo adito alle fonti più verosimili. Nel corso della mia vita sono stato a stretto contatto con la cultura greca, e ho avuto l’onore di vedere in prima persona le migliori rappresentazioni teatrali del mio tempo e di leggere i migliori libri, e solo questo mi ha permesso di “dettare le regole” del nuovo tipo di letteratura di cui ho scelto di occuparmi. Il contatto maggiore con la mia cultura natale l’ho avuto ad Atene, dove ho persino conosciuto Pericle e dove ho avuto la possibilità di leggere in pubblico le mie opere di maggiore fama, che mi hanno garantito una somma di denaro sufficiente per mantenermi.

INTERVISTATORE: Proprio di queste ultime inizierei a parlare, dato che, come è noto, le sue Storie hanno rivoluzionato il modo di scrivere la storia. Cosa può dirci al riguardo?

E: È sempre un piacere sentire elogiato il lavoro di anni, poiché, come sapete, ho scritto le Storie per esporre i risultato della ricerca sul campo fatta da me nel corso della mia vita e dei miei viaggi, e cercando di fornire non soltanto una mera esposizione degli eventi più veritiera possibile -già un’innovazione rispetto alle fandonie che erano state raccontate precedentemente- ma anche un tentativo di educare i lettori e guardare con un occhio critico la concezione eccessivamente ellenocentrica che il nostro popolo ha del mondo, senza realizzare che gli abitanti di ogni luogo ritengono essere coloro che fanno le cose nella maniera corretta e vedono come assurdi gli usi ed i costumi di tutti gli altri.

I: La fermo qui per soffermarmi un istante sul concetto di relativismo culturale, sul quale lei mi sembra cerchi di porre particolare attenzione e sul quale chiama a riflettere anche i suoi lettori. Dunque per prima cosa come è venuto a contatto con questo concetto e in secondo luogo poi una sua idea in merito alla questione.

E: lei dice bene, affrontare la questione è qualcosa che mi preme, anche perchè ho notato una mancanza di attenzione in materia da parte dei miei colleghi, e il fatto che lei mi chieda di parlargliene vuol dire che è un concetto non ancora completamente penetrato nella nostra cultura… e ho la sensazione che sarà così a lungo. È nell’animo dell’uomo non comprendere ciò che non gli è familiare e a cui non è abituato. Proprio per questo ho cercato di ottenere testimonianze quanto più diversificate possibile per non esprimere solo la morale ed i concetti greci. Mi hanno aiutato nella redazione della mia opera in nove libri  i vari popoli che ho visitato, che però hanno dimostrato tutti una caratteristica in comune: vedevano come barbarie le usanze degli altri. Per esempio, una volta Dario propose a due popolazioni di scambiarsi le usanze funerarie, ed entrambe ritennero la sua proposta addirittura eretica. Ma allora, le chiedo, chi aveva ragione e chi invece era davvero l’eretico dei due? O forse lo erano entrambi?

I: Nel corso delle Storie ho notato che lei cercava di non pronunciarsi e di tenersi distaccato dall’emettere giudizi, e, a differenza di come ha fatto nel privato e ci ha detto anche prima nelle Storie, si astiene anche dall’esprimere il suo pensiero politico. L’esempio migliore di ciò è il discorso alla fine della congiura del falso Smerdi.

E: Di fatto è così, e le diverse forme di governo sono qualcosa di cui mi preme discutere soprattutto poiché desidero insegnare prima di tutto agli Ateniesi la tolleranza. Anche solo conoscere vuol dire cercare di comprendere un soggetto di discussione tanto vasto e tanto complesso. Per prima cosa va detto che la concezione di giusto o sbagliato è prevalentemente un retaggio culturale, e dato che la cultura di ogni popolo è costantemente in mutamento anche la sua etica lo è: quello che noi ritenevamo immorale cento anni fa non lo è oggi, fortunatamente, e spero che col passare dei secoli ci porremo in questa maniera non solo rispetto alle nostre usanze del passato, ma soprattutto rispetto a quelle di altri popoli. Possono essere assimilate alle usanze anche le leggi, e proprio sulla molteplicità di queste e alla diversa concessione che ne hanno persone con diverse esperienze mi sono voluto focalizzare. Nel dialogo fra i politici persiani tutti sono convinti delle loro idee e del fatto che siano migliori  di quelle degli altri, ma non sbagliano forse tutti? È mio desiderio anche cercare di stupire il lettore, e fargli capire che ciò che riteneva la verità senz’altro non lo è per tutti. Nella mia rappresentazione dei concetti politici faccio anche e soprattutto valere come argomentazioni, oltre il senso puramente etico di ogni partecipante al discorso, le idee sviluppate in base all’esperienza di ognuno, che è poi quello che vorrei facessimo tutti. È davvero impossibile comprendere che avendo vissuto forme di governo diverse si ritiene che differenti assetti dello stato possano essere migliori di altri? Anche per questa ragione ho cercato di non formulare un giudizio definitivo su quella che potrebbe essere la migliore firma di governo possibile: è chiaro che la tirannia dell’uomo sbagliato e che si interessa soltanto del proprio bene sia inferiore ad ogni altra forma di governo, ma non è forse lo stesso per quanto riguarda una democrazia guidata da un popolo che non si interessa di politica e che finisce col prendere scelte sbagliate? Perciò il mio tentativo era di assimilare tutti i pregi e difetti di tutte le democrazie, oligarchie o monarchie che mi sono trovato di fronte nel corso dei miei viaggi per provare a fornire ai miei lettori un punto di vista generico. Chiaramente, però, senza sbilanciarmi: il mio compito è invitare chi legge alla riflessione, non imboccarli sulle mie idee come se fossero qualcosa di assolutamente incontrovertibile. Le mie battaglie politiche non le combatto scrivendo.

I: Un punto di vista quantomeno interessante, e la ringrazio anche per essere stato esaustivo, proprio per questo cambierei argomento mantenendomi su un tema molto complesso, dato che, a quanto pare, sono proprio questi i temi che la stuzzicano maggiormente. Abbiamo detto numerose volte che lei è una personalità importante nell’ambito della storia, ma potrebbe darci una o due pillole di saggezza da un esperto nel suo campo?

E: La sua domanda è molto generica, ma cercherò di risponderle al meglio delle mie possibilità. Ho già parlato dello scopo che ha il mio mestiere, o almeno come io lo concepisco, rispetto ai lettori, ma non ho detto  cosa io considero la storia e cosa me la rende così interessante e degna di essere non solo studiata, ma vissuta in prima persona. Difatti per me gli avvenimenti del passato possono essere facilmente ricongiunti all’epica, il motore del mondo non sono le masse ma i singoli e le loro gesta, oltre che le divinità, che hanno due ruoli contrapposti: se i primi si occupano di far andare avanti le civiltà, e creare la trama di pensieri e avvenimenti che sono il tessuto stesso della realtà in cui viviamo, gli dei si occupano di tenere insieme tutto questo, di renderlo vivibile per noi mortali ma comunque non al livello degli dei, nei confronti dei quali ritengo che tutti dovremmo provare il rispetto estremo in quanto applicano l’unica vera giustizia imparziale ed oggettiva su cui mi sento di esprimermi. Sono essi infatti a regolare la nostra esistenza ed il nostro fato, e fanno in modo che nessuno sia eccessivamente sfortunato o fortunato, condizioni che ci portano a peccare. La punizione degli dei nei confronti dei peccatori, e soprattutto di chi ha la tracotanza di ritenersi al di sopra del loro livello o di invidiarli non solo è cosa buona, ma anche necessaria a mantenere il nostro asservimento nei loro confronti. Dunque io investigo il passato per comprendere meglio il presente, per fare breccia nella nebbia di confusione causata da testimonianze false di miei colleghi meno illustri, per invitare alla riflessione il lettore senza imporre il mio punto di vista e per ammonire tutti coloro che vivono su questa terra a non ritenersi superiori agli dei ma ad essere comunque consci di avere la possibilità di cambiare le cose, poiché le gesta di uno possono valere le gesta di molti.

I: Una visione senza dubbio originale, e purtroppo è il momento dell’ultima domanda: nei suoi testi mi è sembrato che lei utilizzasse un modo di scrivere molto particolare, oltre che dal punto di vista contenutistico anche da quello del linguaggio, tanto da dare luce a quello che viene definito come “dialetto Erodoteo”. Potrebbe dirci le ragioni di questa scelta?

E: Più che altro il mio era un utilizzo della lingua ionica talvolta modificato per facilitare la comprensione del pubblico: le Storie sono una serie di libri scritti per essere letti ad alta voce ad un a folla di astanti, e di conseguenza ho ritenuto che fosse importante cercare di modificare, a tratti, il mio modo di parlare non solo per una più semplice interpretazione ma anche per fare in modo che ci si ricordasse di me e della mia opera. Nonostante ciò, non tutti hanno apprezzato le miei opere, ed in alcuni luoghi non mi è stato dato agio nemmeno di esporle.

I: Grazie mille di nuovo per essersi prestato a quest’intervista e per le sue risposte, le auguro una lieta giornata. Arrivederla.

Daniele Poli III C