“Rudens” di Tito Maccio Plauto. Recensione

La commedia Rudens, di Tito Maccio Plauto, è preceduta da un prologo in cui Arturo, astro mandato da Giove sulla terra perché gli riferisca il comportamento degli uomini, introduce l’opera esponendone l’antefatto; il giovane Plesidippo di Cirene si innamora di una fanciulla, Palestra, che da bambina è stata rapita ad Atene dal lenone Labrace. Il ragazzo si accorda con quest’ultimo, promettendogli una cospicua somma di denaro in cambio della libertà dell’amata. Tuttavia, Labrace, ottenuto il compenso, contravviene al patto e si imbarca con lei ed altre donne verso la Sicilia.
Una terribile tempesta, scatenata da Arturo, fa nella notte naufragare l’imbarcazione e Palestra e Ampelisca, sua ancella, riescono a raggiungere la costa della stessa Cirene, da cui erano partite. Si rifugiano nel tempio di Venere, dove la sacerdotessa Ptulemocrazia le soccorre. Labrace, che era giunto alla spiaggia dopo le ragazze, viene a sapere da un gruppo di pescatori dove si trovassero, e si reca al tempio. Alla scena assiste Demone, ateniese ingiustamente esiliato, il quale decide di difenderle spinto dalla commozione che la somiglianza tra Palestra e l’unica figlia che anni prima avevano rapito gli suscita. Il pescatore Gripo, servo di Demone, trova sulla spiaggia un baule, e si reca dal padrone nel Tempio. Qui, Palestra ne rivendica il contenuto, che permette a Demone di riconoscerla come sua figlia e concede a Plesidippo di poterla sposare.
La scena si svolge nella colonia greca di Cirene, in particolare nel tempio di Venere, luogo in cui si incontrano inconsapevolmente tutti i personaggi, prima Plesidippo e Demone, poi Palestra ed Ampelisca con Tracalione, servo di Plesidippo, ed ancora Plesidippo e Palestra.
Sono proprio questi i personaggi principali della commedia, di cui non viene fornita una descrizione fisica ma caratteriale e comportamentale; Palestra è una fanciulla altruista e dall’animo nobile. Tiene moltissimo ad Ampelisca, di cui si fida e che rispetta. Infatti, dopo il naufragio, entrambe vagheranno per la costa l’una in cerca dell’altra ammettendo, se separate, di sentirsi perse. Ampelisca è come una sorella per Palestra, e l’unica persona su cui può contare da quando è stata portata via dal padre, che lei spera di ritrovare; perciò è fortemente affezionata ad un baule contenente gli oggetti ed i giochi della sua infanzia, che avrebbero permesso al padre di riconoscerla. Labrace, proprio per impedire ciò, lo tiene segretamente nascosto.
Impotente, dopo il naufragio -in cui perde tutti i suoi averi-, cerca quantomeno di recuperare il baule di Palestra, che riconosce da Gripo al tempio. Per la restituzione di questo, il pescatore richiede in cambio il pagamento di un talento, che lui si rifiuterà di saldare. Questa volta, tuttavia, non riuscirà a farla franca e, dopo essere stato portato da Plesidippo in tribunale ed essere stato condannato per estorsione di un bene, sarà costretto a pagare il talento, con cui Ampelisca e Gripo ottengono la libertà. Le azioni spregiudicate e disoneste compiute da Labrace saranno, dunque, punite e la commedia avrà, come di consuetudine, il suo lieto fine. Demone, infine, è un uomo particolarmente saggio ed agisce spinto da un profondo senso di giustizia che gli procura, talvolta, sventure, come nell’esilio da Atene.
Come in tutte le commedie plautine, il sarcasmo ed i doppi sensi rendono il linguaggio vivace e graffiante; “Nettuno pure egli è Edile, se vi è merce cattiva, egli rifiuta sempre”, ed ancora “Labrace morì a furia di bere, credo. Nettuno, la notte scorsa, lo ha invitato a brindare in grandi calici”, disse Ampelisca a Tracalione rifacendosi al naufragio.
Spesso poi, per divertire il pubblico, Plauto è solito descrivere scherzosamente i personaggi piuttosto che indicarli semplicemente per nome, come è possibile riscontrare nella discussione tra Tracalione ed i pescatori, in cui il primo presenta Labrace come “un uomo più calvo di una zucca, vecchio, alto, con la pancia, folte ciglia, raggrinzito, un gaglioffo in odio a Dio…”.
La lettura di questa commedia risulta, pertanto, piacevole e coinvolgente sia per la storia presentata -l’avventura di una giovane donna in cerca del padre e della libertà- che per i complessi intrecci, gli equivoci ricorrenti ed il linguaggio usato, sorprendentemente leggero e spiritoso.

Ida Baratta, Pierfrancesco Biondi, III I