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“Le notti bianche” uno dei romanzi più amati di Dostoevskij

Le notti bianche è un racconto giovanile di Fëdor Dostoevskij, scrittore e filosofo russo (Mosca, 11 novembre 1821 – San Pietroburgo, 9 febbraio 1881). È considerato uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi di tutti i tempi.

L’opera prende il nome dal periodo dell’anno noto col nome di notti bianche, in cui nella Russia del nord, inclusa la zona di San Pietroburgo, il sole tramonta dopo le 22.

Romanzo del dolore, della solitudine, del sogno e della realtà, Le notti bianche è l’espressione più chiara e potente della nostra esistenza e, in particolare, di quella del tipo strambo e bizzarro che, fin dalle prime pagine, Dostoevskij chiama “sognatore”.

Trama

Pubblicato per la prima volta nel 1848, sulla rivista Otečestvennye zapiski (Annali patri), il romanzo racconta la storia di un emarginato, escluso e completamente estraniato dal mondo e dalla realtà, nella quale, per quattro notti, si inserisce una giovane donna di diciassette anni, Nasten’ka che, con il suo irresistibile amore per la vita, riesce a destare il sognatore e a fargli assaporare, anche se solo per un istante, la vita vera.

“Oh, se voi sapeste quante volte sono stato innamorato in questo modo!…”

“Ma come, di chi?…”

“Di nessuno, di un ideale, che mi appare in sogno. Sognando creo interi romanzi.”

Il contrasto tra sogno e realtà

Il sognatore vorrebbe abbandonarsi alle sue fantasticherie e credere che in fondo questo sia l’unico modo per vivere a pieno. Sognare, infatti, vuol dire creare la propria esistenza liberamente e dominare la realtà in nome della creatività e della felicità. Ma, per quanto realistico e tangibile, il sogno rimane sempre impreciso e in ogni modo finisce per svelare, al risveglio, tutti i suoi punti deboli, le sue incongruenze e, infine, la sua follia. Per questo, anche il sognatore, che per una vita intera ha creato, disfatto e ricostruito la sua esistenza nel “sottosuolo”, sa che prima o poi “l’ora funesta” arriverà per tutti e che, in un modo o nell’altro, ognuno di noi, in cambio di un solo istante di vita vera, sarà disposto a sacrificare anni di sogni e di fantasticherie.

Il momento della verità però non è prevedibile e il sognatore, pur sapendo che le sue fantasie sono labili ed effimere, non può fare a meno di continuare a sognare, alla ricerca di immagini e sensazioni fittizie che soddisfino il suo bisogno di amore e di felicità. Il desiderio quindi ha sempre la meglio sulla consapevolezza e anche se al risveglio il dolore, la sofferenza e la solitudine tornano ad attanagliarlo, basta poco per riaccendere, in quelle ceneri lasciate dai sogni infranti, una scintilla e risvegliare le vecchie fantasie. Solo così l’anima torna a vivere, il sangue a scorrere e il cuore a palpitare freneticamente, come la prima volta.

Se da un lato il sognatore non può fare a meno di seguire la sua natura e imperterrito, continua ad immaginare castelli di sabbia in cui rinchiudersi, dall’altro, l’incontro con Nasten’ka cambia drasticamente l’ordine delle carte in tavola. La ragazza, che per molti versi assomiglia al sognatore (come lui infatti a lungo è stata costretta a dare forma al mondo che la circondava con i suoi sogni), è invece la metafora perfetta dell’attaccamento viscerale alla realtà. Essa infatti ama un uomo vero, ne attende il ritorno, crede alle promesse che lui ha realmente pronunciato e vive la vita così com’è. Ed è proprio con il suo irresistibile attaccamento alla vita che riesce a squarciare il “velo di Maya” che il sognatore non ha mai avuto il coraggio di strappare, forse per paura di ritrovarsi travolto da quel mare di solitudine e dolore che, solo a tratti, percepiva dopo il risveglio da uno qualsiasi dei suoi sogni. La vita vera con Nasten’ka diventa allettante e affascinante anche per il sognatore che, alla fine del romanzo, sarebbe davvero disposto a voltare pagina, per vivere, con la donna che da tanto tempo stava aspettando, un’esistenza degna di questo nome.

Conclusione

La caratteristica che rende Le notti bianche uno dei romanzi più amati di Dostoevskij è rappresentata dal fatto che vengano trascritte alla perfezione le speranze, i sogni e le aspettative che i giovani hanno della propria vita.

Sarà perché lo scrittore russo ha 27 anni quando scrive il romanzo, sarà perché ci troviamo davanti ad uno stile semplice e scorrevole che ne favorisce il nostro apprezzamento, ma una cosa è certa, chi legge Le notti bianche non può fare a meno di immedesimarsi nei personaggi del sognatore e di Nasten’ka, che si viva ancora la primavera della giovinezza o che si trascorra l’autunno della vita.

Invano il sognatore rovista nei suoi vecchi sogni, come fra la cenere, cercandovi una piccola scintilla per soffiarci sopra e riscaldare con il fuoco rinnovato il proprio cuore freddo, e far risorgere ciò che prima gli era così caro, che commuoveva la sua anima, che gli faceva ribollire il sangue, da strappargli le lacrime dagli occhi, così ingannandolo meravigliosamente. “

di Riccardo Vicoli