Il fallimento del progresso

Il 27 agosto 1859 è iniziata la rivoluzione della nostra vita, tutt’ora in corso da diversi punti di vista, in Pennsylvania. I contadini aravano i campi sotto la calura estiva,  il colonnello Edwin Drake stava collaudando per la prima volta la sua nuova invenzione. Consisteva in una macchina capace di scalfire la crosta terrestre e raggiungere con una pompa, a più di venti metri di profondità, una sostanza antichissima, nascosta agli uomini per milioni di anni e che
aveva visto la natura impegnata a produrla altrettanti milioni di anni. Lo scopo di questa invenzione era quello di far risplendere l’antica energia fossile nelle lanterne che illuminavano le città americane. Si trattava della scoperta del petrolio.
Il 24 settembre 1908 la nostra vita insieme a quella della Terra è cambiata: nella piccola cittadina statunitense di Detroit, il petrolio incontrò la Ford modello T, la prima automobile ad essere costruita seguendo il metodo della catena di montaggio. La terra fu ricoperta da asfalto sul quale sfrecciavano sempre più vetture.

Il 7 marzo 1876 la storia dell’umanità ebbe ancora una svolta: il fiorentino Antonio Meucci, emigrato a New York, inventa il primo telefono. Iniziano così a diffondersi nel mondo le prime cabine telefoniche. Seppur  inizialmente utilizzato da poche persone, prevalentemente in ambito militare, dopo la prima guerra mondiale il telefono iniziò ad entrare nelle case. Da allora, l’uomo iniziò la sua “convivenza” con gli squilli e i rumori fastidiosi di quei telefoni che
col tempo sono diventati parte di noi.
Il 17 dicembre 1903 i fratelli statunitensi Wright, ossessionati dall’idea che l’uomo potesse volare crearono il più importante aeroplano dell’era pionieristica, il Wright Flyer. In questo modo, al concetto di inquinamento ambientale si aggiunse quello dell’inquinamento acustico.
Così tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del XX secolo, le città iniziarono ad assumere l’aspetto che tutt’ora le contraddistingue, le numerose innovazioni in ambito tecnico e scientifico modificarono la vita dell’uomo e si inaugurò un’epoca di sviluppo irrefrenabile che continua in epoca contemporanea. Tuttavia, siamo certi che i cambiamenti che la seconda rivoluzione industriale e la globalizzazione hanno apportato alla nostra vita abbiano effettivamente migliorato la nostra condizione?
Quelli elencati sono solo alcuni dei cambiamenti che, con l’introduzione delle catene di montaggio, hanno stravolto la vita dell’umanità. A partire da questo periodo storico, infatti, l’uomo cambia non solo abitudini ma anche mentalità e sopratutto il modo di porsi verso quella che era fino ad allora “Madre Natura”. Del resto “Natura” è un sostantivo femminile, derivato dal participio passato latino “natus” dal verbo “nasci”, cioè nascere. Natura è, dunque, innanzitutto vita e casa per tutti gli esseri viventi che la popolano. È bastato un secolo per passare dal considerare la natura come una madre da rispettare perché fonte di sostentamento e vita, a vedere la natura come un limite per il proprio profitto.
Fabbriche e catene di montaggio iniziarono ad occupare sempre più spazio all’interno del contesto urbano. Le città si affollarono, le strade si riempirono presto di autovetture, il cielo fu solcato da scie di vapore di aeroplani sempre più all’avanguardia. Ad aumentare proporzionalmente fu ovviamente l’inquinamento che già nella metà del XX secolo raggiunse picchi sconosciuti all’umanità fino ad allora. Le prime conseguenze dell’attività industriale intensiva si manifestarono dove la rivoluzione era iniziata: Londra. Nel dicembre del 1952 per le strade di Londra avvenne una catastrofe ambientale, soprannominata  “Grande Smog”. Fitti banchi di gas tossici e nebbia densa e maleodorante avvolsero Londra per intere settimane causando oltre cento mila vittime. Il “Grande Smog” è tutt’oggi noto per essere il peggior evento di inquinamento atmosferico nella storia del Regno Unito. In seguito alla catastrofe la Regina ed il Parlamento del Regno Unito promulgarono il primo atto legislativo per fronteggiare il problema dell’inquinamento dell’aria: il Clean Air Act. Questo evento fu un’occasione per riflettere, per aprire gli occhi sulla situazione ambientale: ci si rese conto che l’umanità stava vivendo l’inizio di un’epoca segnata da catastrofi dovute all’inquinamento
atmosferico, idrico, chimico, del suolo, domestico, urbano, acustico, da plastica. Pochi anni dopo, nel 1961, gli sviluppi tecnologici portarono Jurij Gagarin nello spazio, il primo delle 567 persone che hanno visto la Terra a quattrocentomila chilometri di distanza. Tutti i 567 astronauti hanno sperimentato nelle loro rispettive missioni spaziali il cosiddetto “effetto della veduta d’insieme”: un misto tra emozione e nostalgia scaturito dalla veduta della Terra in tutta la sua vastità e bellezza. L’effetto della veduta d’insieme cambia le persone. La Terra vista dall’alto appare come un’isola, immersa nella vastità dello spazio colmo di corpi celesti. In pochi frangenti negli astronauti scaturì un senso di tristezza causato dalla nostalgia per la nostra casa, la Terra, il pianeta su cui viviamo e che continua a proteggerci dall’inclemenza dello spazio infinito mentre noi lo ricompensiamo devastandolo.

Ormai, si è arrivati ad un punto di non ritorno: l’uomo, spietato e senza alcun riguardo, ha danneggiato gravemente la Terra e i danni sono e saranno ingenti.
Non si parla più di sviluppo ma di sviluppo sostenibile, dove la sostenibilità è quella ambientale. Sorprende come la natura dell’uomo sia rimasta immutata nei secoli, lo racconta Plinio il Vecchio, autore latino del I secolo, che nel “Naturalis historia” mette in luce l’indole degli uomini nei confronti della natura. Essi attribuiscono alla “terra benigna” la colpa di produrre sostanze nocive, facendo ricadere su di essa i loro delitti. In verità Plinio spiega che ad essere nocivi sono gli uomini stessi, paragonandoli a serpenti:  «La loro lingua vibra, scura come quella dei serpenti, ed il contagio del loro animo brucia tutto ciò che tocca. Essi se la prendono con tutto e infastidiscono anche le tenebre in cui vivono».
L’egoismo, l’indifferenza, l’insensibilità che Plinio attribuisce all’uomo sono caratteristiche che lo contraddistinguono ancora oggi e che anche Giacomo Leopardi riprende nella raccolta “Operette morali”, in “Dialogo di un folletto e di uno gnomo”. Nel dialogo l’atteggiamento nocivo dell’uomo nei confronti della natura ha portato all’estinzione di tutto il genere umano. Emerge che tutte le specie animali credono che il mondo sia stato creato per loro (anche gli stessi gnomi e folletti) ma è l’uomo, più di ogni altra specie, a ritenere che il mondo sia di sua proprietà.

 

L’uomo pensa che l’universo sia suo appannaggio, ma una volta che egli si è estinto i pianeti non hanno smesso di girare e non si sono vestiti a lutto per lui. Tutto continua inalterato come prima. L’egoismo umano negli ultimi anni ha raggiunto l’acme e oggi più che mai ne viviamo le conseguenze e solo adesso a poco a poco stiamo aprendo gli occhi sulle tematiche ambientali. Tant’è che nell’Agenda 2030, un documento adottato dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 2015 nell’ottica comune dello sviluppo sostenibile, la tematica ambientale riguarda due dei 17 obiettivi prefissati. L’esigenza di cambiamento si fa sempre più sentire: nel Settembre 2020 a New York, su un grattacielo nel cuore di Manhattan, è comparso un enorme orologio digitale, il “Climate Clock”, che invece di segnare l’ora, calcola quanto tempo resta all’umanità per agire prima che la crisi climatica globale diventi irreversibile. Ci restano poco più di sei anni per salvare il nostro pianeta.

La storia si sta ripetendo e come sempre l’uomo sembra ignorare il suo passato, senza farne frutto per vivere il futuro. La Terra ha assistito a ben cinque estinzioni di massa, di cui quattro causate dall’aumento dei gas serra nell’atmosfera ed una fu quella dei dinosauri. L’attività intensiva di disboscamento, le emissioni incessanti delle industrie, gli sprechi stanno distruggendo a poco a poco il nostro pianeta.

Non ci stupisce sentire all’ordine del  giorno catastrofi ambientali: recente è la notizia delle inondazioni e degli smottamenti di terreno che  hanno provocato la morte di più di duecento persone in Kenya. Poche settimane fa in India a causa del riscaldamento globale un ghiacciaio himalayano si è spezzato ed una parte di esso si è schiantata contro una diga indiana, provocando inondazioni che hanno costretto l’evacuazione dei villaggi a valle; nove i morti e oltre duecento i dispersi. Gli effetti ambientali riportati in seguito ai recenti lockdown, hanno mostrato ulteriormente come l’attività dell’uomo influisca e danneggi la natura. Gli animali e gli esseri viventi normalmente nascosti nel contesto urbano dall’ombra dell’uomo, durante il periodo di quarantena sono usciti allo scoperto e si sono appropriati degli spazi che, come ricorda Leopardi, ogni essere reputa propri. Un’altra conseguenza dello stop delle attività umane nocive per l’ambiente è stata la chiusura del buco dell’ozono in Antartide, uno dei più ampi e tenaci di sempre. Alla frenesia degli itinerari urbani è sopraggiunto il silenzio che, a partire dalle invenzioni della rivoluzione industriale, è stato a poco a poco relegato in luoghi sempre più remoti. Oggi, nella frenesia quotidiana, nella corsa continua in cui ogni vita è intenta, il silenzio viene rifuggito, quasi disprezzato mentre esso è la massima forma di saggezza: chi sa stare in silenzio è capace di ascoltarsi e trovare le risposte dentro sé senza cercarle in altre menti.

Da quel 1859 la nostra vita è indubbiamente cambiata, probabilmente migliorata ma la domanda è: a quale prezzo?

Lorenzo Iodice, III A