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Vaccinazioni, ovvero dell’importanza degli ombrelli durante la tempesta

di Giacomo Paradiso, IV S

Una giornata dedicata alla sensibilizzazione dei più giovani su uno di temi sociali più sentiti nell’ultimo periodo: quello delle vaccinazioni. Il 17 marzo si è tenuta una video-conferenza in occasione dell’ UniVAX DAY ’21, iniziativa promossa dal Ministero dell’Istruzione per sensibilizzare su questo argomento le classi quarte e quinte della scuola secondaria di secondo grado, con la partecipazione dell’Università di Roma “La Sapienza” in collaborazione ad alcuni membri della SIICA (Società Italiana di Immunologia Clinica e Allergologia), che promuove studi e ricerche inerenti il campo dell’immunologia.

È apparso chiaro fin da subito l’intento, da parte dei partecipanti alla discussione, di creare un coinvolgimento con il pubblico, attraverso la possibilità di porre domande di qualsiasi tipo.

Tramite dei sondaggi si è poi capito che tra gli spettatori, oscillanti tra gli 8.000 ed i 12.000, la maggior parte proveniva dalla provincia lombarda di Saronno, senza contare chi seguiva da Brescia, chi da Roma e chi, molto spiritosamente, da Hollywood.

Ha aperto la discussione Francesca Di Rosa, che da anni si occupa di immunologia, approfondendo il discorso dell’immunità e dei vari modi in cui può avvenire in determinati soggetti.

Quasi subito è stata posta una domanda di grande attualità: “Perché fidarsi di un vaccino che ha provocato delle morti?” Francesca Di Rosa risponde che la possibilità di collegare le morti ai vaccini si deve basare su due tipi d’indagini: la prima è quella che si svolge a proposito dei dati epidemiologici, la seconda in base alle autopsie. Momentaneamente, come sostiene la ricercatrice, disponiamo di dati più che confortanti, che ci fanno solo che ben sperare nella buona riuscita dei vaccini.

Segue così Isabella Quinti pronta a ribadire che: “In medicina il rischio 0 non esiste, si può morire persino per gli effetti collaterali di un’aspirina”.

Il cittadino deve comunque vaccinarsi perché il rischio di morire a causa degli effetti collaterali di un vaccino è di centinaia e centinaia di volte inferiore a quello di morire per quella determinata malattia.

È a questo punto della discussione che viene presentato un nuovo ospite, Andrea Grignolio, pronto a discutere a proposito di bioetica, nascita e sviluppo delle epidemie nella storia. L’esperto di storia della medicina inizia dicendo che le epidemie sono sempre esistite e, in molti casi, hanno sempre avuto un forte impatto sulla storia, basti pensare alla peste di Atene del 430 a.C. quando le truppe ateniesi furono costrette a ritirarsi dal conflitto contro gli spartani per evitare il dilagare delle morti.

A raccontarci questo avvenimento è stato il celebre storico Tucidide che, probabilmente per primo, aveva capito che gli ammalati in molti casi, una volta superata la malattia, molto difficilmente potevano riammalarsi, perché molti divenivano immuni. Ma per stabilire il momento in cui sono nate le epidemie Grignolio va ben indietro nel tempo, tornando alla savana del pleistocene.

Nel momento in cui l’uomo è passato dal vivere in piccole tribù nomadi di 30-40, allo stanziarsi in villaggi composti da abitanti sempre più numerosi, le semplici infezioni che prima rimanevano circoscritte a poche persone sono divenute delle vere e proprie epidemie, capaci di annientare intere popolazioni.

Durante la discussione di Andrea Grignolio le domande sono arrivate quota 1600. Lo studioso ha risposto ad alcune. Ad esempio a quella in cui si chiedeva, quando finirà l’attuale pandemia e quali ripercussioni avrà sul futuro, domanda posta da moltissimi studenti, Grignolio ha risposto: “Certo che giungerà ad una fine, generalmente quasi la totalità delle malattie che coinvolgono l’apparato respiratorio hanno una durata di circa 1 anno o 2. È quindi altamente probabile che questo sia l’ultimo vero anno di pandemia”. Tra le tante domande poste ne viene poi scelta un’altra: “I bambini e i ragazzi possono essere vaccinati contro il Covid-19? Se sì, è davvero necessario che si vaccinino?” La risposta è stata che raramente i bambini si ammalano, ed è ancora più raro che si ammalino gravemente. Momentaneamente non sono stati fatti molti studi in tal senso, si sa solo che, avendo pochi vaccini, questi vadano almeno momentaneamente somministrati alle persone che più rischio. È comunque importante, prevedere che in futuro verranno vaccinati anche i ragazzi, considerando che rappresentano uno dei più grandi veicoli di contagio.

Termina così la conferenza, lasciandoci un piccolo ma importante monito: in una tempesta, come può essere definito il periodo che stiamo vivendo ormai da un anno, l’unico modo per vincere è quello di munirsi di un ombrello. Bisogna però capire che non solo chi regge l’ombrello è protetto dalla pioggia, ma anche chi ci si trova sotto.