Social Network, la droga del XXI secolo?

Quante volte vi sarà capitato di stare sdraiati sul divano con il cellulare in mano immersi nella visione di un migliaio di video e memes divertenti? Quante volte vi siete trovati sul profilo dell’amica della cugina del/della ragazz* che vi interessa, rendendovi conto in un momento di lucidità che a voi dei post e delle storie di quella persona non importa assolutamente nulla?? A me, lo ammetto, tante volte. I social hanno la capacità di risucchiarti in una dimensione irreale nella quale però restiamo intrappolati anche diverse ore, come se non riuscissimo a staccare gli occhi dallo schermo, non ci accorgiamo che il tempo passa o se ce ne accorgiamo non smettiamo comunque. Un po’ la colpa è nostra ma d’altro canto ricordiamoci che Instagram è studiato per intrattenere e per fare in modo che l’utente ci trascorra più tempo possibile. Questo grazie alla grafica che viene spesso aggiornata e agli algoritmi che studiano i comportamenti dell’utente e ripropongono ad esso contenuti simili ai quali lui si è mostrato interessato in precedenza. Altro elemento interessante è senza dubbio il fatto che un social network come Instagram propone una sorta di società alternativa, nella quale la maggior parte delle persone sentono il bisogno di essere accettate attraverso i like ricevuti e le interazioni con gli altri account e questo può avere dei risvolti decisamente negativi. Alcuni studi dimostrano che, soprattutto le persone con scarsa autostima, tendono ad utilizzare queste piattaforme come mezzo per autoaffermarsi, talvolta costruendo un’immagine di loro stessi che non corrisponde in alcun modo alla realtà, e senz’altro la risposta che gli altri utenti danno ai contenuti da loro proposti è fondamentale. Si sviluppa quindi una sorta di dipendenza fra la persona e l’opinione che degli sconosciuti hanno di lei, se un post riceverà molti like probabilmente la persona in questione si sentirà soddisfatta e maggiormente sicura ma dal momento in cui non riceverà il feedback sperato sarà di nuovo al punto di partenza, o forse si sentirà ancora peggio. L’individuo diviene un imputato ed il social un tribunale, tutto ciò che deciderà di mostrare verrà giudicato. A tutto questo si aggiunge una quantità spropositata di influencer o personaggi in vista che propongono ideali di bellezza che rasentano la perfezione e vite altrettanto perfette. Dimenticandosi di quanto lavoro ed artifici possano esserci dietro ad una foto o ad un video, l’utente medio si sente inadeguato e insoddisfatto e nel migliore dei casi viene spronato a dare una svolta positiva alla sua vita, nel peggiore rimarrà intrappolato in una spirale di frustrazione. Ma è importante ricordarsi che si tratta di finzione e nel caso degli influencer è vero e proprio marketing. Di fatto i social sono anche piattaforme volte a pubblicizzare prodotti, brand, e, perché no, idee. Siamo parte di un sistema che ci riconosce più come acquirenti che come individui, siamo circondati da pubblicità che ci spingono ininterrottamente a desiderare di acquistare, di accumulare, i social network straripano di Influencer pagati, appunto, per influenzare la comunità virtuale riguardo moda e tendenze, ma la cosa forse peggiore è che intrappolati nel nostro labirinto di canoni perdiamo di vista il resto, perdiamo di vista il senso del bello e lasciamo spazio alla sensazione di inadeguatezza dovuta alla frustrazione di non corrispondere a quei modelli che la società accetta e promuove. Nonostante ciò è importante non demonizzare tali piattaforme e riconoscere anche la loro piacevolezza ed utilità, tenendo sempre a mente che poche cose sono nocive di per sé ma è il rapporto che noi abbiamo con esse a renderle potenzialmente tali.


Lucrezia Marchini 5°E