Il filo barbaro

Erodoto, i barbari.
Immaginiamo Erodoto primo grande storico della letteratura greca, che
opera intorno al V secolo a. C.
Vissuto nel periodo immediatamente successivo alle guerre tra Greci e
Persiani è fortemente interessato alla civiltà e alla storia di quelli che i Greci
chiamavano “Barbari”.
La struttura delle Storie di Erodoto si differenzia da quelle di uno storico
attuale, che si sarebbe dedicato ad aspetti economici e militari,
poiché egli inserisce  nel testo  digressioni (a carattere etnografico, storico e
geografico) per parlare della cultura di questi popoli.
Nella prima parte della sua opera Erodoto racconta la storia di alcune
civiltà e società, in particolare quella egizia e quella persiana.
Nei primi quattro libri, infatti, Erodoto narra la storia dell’impero persiano e
dei suoi legami con le città greche, la loro sottomissione a Ciro a metà del
VI secolo e la rivolta ionica.
Racconta poi dell’Egitto soffermandosi sulle sue tradizioni culturali, su
come si vestivano gli Egizi, su cosa mangiavano, su quali fossero le loro abitudini e il
loro modo di combattere.
La narrazione è interrotta da excursus nei quali lo storico si sofferma su storie locali
dei diversi descrivendone leggende e traendo da esse ampie considerazioni.
Invece di presupporre la superiorità dei Greci sui Barbari, definisce le
imprese di entrambi come “grandi e meravigliose” .
Le descrizioni di Erodoto sono però estranee a qualsiasi tipo di giudizio di
valore, proprio perché egli è cosciente che
“se a tutti gli uomini si facesse la proposta, e li si invitasse a scegliersi le
consuetudini più belle fra tutte, ogni popolo si sceglierebbe, dopo attento
esame, le proprie: tanto ognuno ritiene che le costumanze di gran lunga
più belle siano le sue”.
Questo grande rispetto per le culture orientali non è stato poi condiviso dai
suoi successori: Aristotele, Isocrate e successivi pensatori definiranno
sempre lo straniero con il termine βαρβαρος e non limitandosi alla
concezione di “non greco” ma nella percezione più assoluta di inferiorità.
Aristotele teorizzava la schiavitù naturale, principio secondo il quale era
presente una deficienza alla nascita della ragione: uno schiavo è meno di
un uomo, in quanto  manca di ragione; la dominazione sui
barbari era moralmente giustificata in quanto in questi, come per gli
schiavi, non c’è il dominio della ragione ed è anzi opportuno per il loro
stesso bene che, chi abbia giudizio, domini su di essi.
Lo stesso Isocrate fu ideologo della contrapposizione tra Greci e Barbari,
concepita in termini strettamente razziali, e di propaganda nella guerra
contro i Barbari.
L’obiettivo dell’oratore era legato al tentativo di riconciliare i diversi
popoli greci, soprattutto ateniesi e spartani, perché potessero fronteggiare l’ultima
guerra contro il Barbaro d’oriente perché, secondo Isocrate, i Greci
dovevano far scontare ai Persiani l’arroganza delle due invasioni compiute
contro la Grecia.
Erodoto fu perciò accusato degli antichi di essere un filo barbaro, a causa
del suo tentativo di valorizzare e comprendere, distaccandosi dalla visione
stereotipata, propria dei Greci, dello straniero.
La tendenza a discriminare l’altro perché diverso é ancora presente nella nostra civiltà.
Da un lato le persone migrano, per una molteplicità di motivi, dall’altra le
persone vivono nei luoghi dove i primi si vorrebbero stanziare scatenando
una serie di questioni legate all’accettazione o al rifiuto di nuovi arrivati.
Ecco allora che negli esseri umani è presente una tendenza generalizzata
(nel tempo/spazio) a valutare in modo negativo il “diverso” e a difendere
in tutti i modi gruppi di appartenenza; spesso, come in passato, sembrerebbe
impossibile trovare un punto d’incontro, questo perché é spontaneo avere
paura di ciò che non si conosce ma non bisogna temerlo a prescindere;
l’inclusione e la cultura arricchiscono la vita dell’uomo essendo terreno
fertile per la conoscenza.

Martina Vallefuoco III C