Intervista a Terenzio

 Salve Terenzio, sono onorata per la sua partecipazione a quest’intervista, posso chiederle di raccontarci la sua storia?

Certo, sono ben felice di raccontarla. Vorrei precisare che la maggior parte delle informazioni su di me sono state riportate da Svetonio, che su di me scrisse una biografia. Sono nato circa nel 185/184 a.c ,sono originario di Cartagine, in Africa, arrivai a Roma come servo in giovane età a servizio della famiglia di Terenzio Lucano, mi occupai dell educazione dei suoi figli, ho sempre amato molto la cultura. Una volta divenuto liberto presi il nome proprio dal mio padrone.

Quali furono i suoi principali modelli d’ispirazione letteraria?

Principalmente mi ispirai a due importanti autori greci: Menandro ed Apollodoro, apprezzai molto i modelli greci e li compresi tanto da adottare la tecnica della contaminazione letteraria e da traslitterare i titoli delle opere. Per questa mia tendenza fui però spesso accusato di  copia, ma non mancai  mai di rispondere alle accuse attraverso i prologhi delle mie opere.

Può raccontarci dello sviluppo del pensiero determinante per la sua formazione personale e letteraria?

Durante la mia vita ebbi molti amici aristocratici con i quali riuscii a sviluppare una vera e propria arte Terenziana. Inoltre riuscìi ad elaborare un mio concetto personale di Humanitas perfettamente maturo e consapevole, che non rispecchia completamente il tipo di Humanitas associato al circolo Scipionico. Durante la mia carriera mi interessai molto alle realtà quotidiane, alle situazioni familiari e alla introspezione dei personaggi. Attraverso il mio interesse per l’uomo riuscìi ad attribuire pathos al mio stile letterario.

Quali furono gli altri elementi caratteristici cha hanno composto il suo stile letterario?

Durante la mia vita mi sono concentrato principalmente sulla scrittura di commedie, ma, contrariamente all’autore Plauto, ho evitato modi popolari e volgari, giochi di parole e soprattutto di raccontare situazioni eccessivamente grottesche. Difatti, ho preferito un umorismo sottile, amabile e sorridente, ho utilizzato uno stile ordinario di livello medio, ricco di pluralismo lessicale e sobrietà espressiva. Ho preferito l’intensificazione delle figure retoriche e le ripetizioni ai costrutti elaborati e agli arcaismi.

Si dice che il suo stile sia stato stato apprezzato maggiormente in epoche successive alla sua, ritiene questo punto di vista veritiero?

Certamente sì, al mio tempo si prediligeva un tipo di comicità più classica e portata all’eccesso. Solo successivamente sono stato considerato un modello di Latinitas, per il mio buon gusto e la purezza dei testi; le mie opere furono incluse nei programmi scolastici. Fui particolarmente apprezzato nel Medioevo e lo sono attualmente in età moderna.

Può parlarci delle sue opere? Ho scritto in tutto sei commedie tra il 166 e il 160 a.c.

L’Andria che fu favorevolmente accolta dal pubblico, l’Hecyra che fu un vero e proprio disastro poiché molto distante dai modelli classici, gli Adelphoe, l’Heautontimorumenos, il Phormio e l’Enunchus , la mia opera dalla comicità più simile a quella plautina.

Quali sono quindi i personaggi e le situazioni maggiormente descritte nelle sue 6 commedie?

Nelle mie commedie ho spesso inserito figure di personaggi molto simili: un adulescens spesso innamorato di una donna povera o di una cortigiana, un padre che spesso non comprende i bisogni del figlio e  un servus callidus . Le storie dopo una serie di intrecci si concludono tutte con esito positivo. Nelle mie commedie spesso ho trattato di rapporti interpersonali tra i personaggi descrivendone l’introspezione e le caratteristiche. Molto trattato da me è inoltre il complicato rapporto padre figlio.

Rosa Schiano Lomoriello III C