Quarantena

Ho dovuto leggere varie volte le riflessioni della psicologa Morelli per comprenderne appieno non tanto il significato quanto la portata, perché nella situazione in cui ci troviamo, io -come gli altri- sto perdendo il senso della realtà. In giornate il cui ritmo è scandito solo dai pasti, in una lunghissima domenica pomeriggio interrotta da videolezioni malfunzionanti, mi sto trovando -come tutti- a fare i conti con me stesso. E non un me stesso normale quanto una versione di me perennemente abbacchiata, che prende tutto con calma, che passa dal non volersi alzare per cambiarsi al fare tre docce in un giorno. Una versione di me che avevo dimenticato, e con cui questa quarantena mi sta costringendo a confrontarmi. E questa versione di me non riesce a non passare ore a riflettere sul cambiamento che avverrà nella società dopo quest’epidemia. Le riflessioni che ho letto sul mondo sono, oltre che profondamente veritiere, tutte messe profondamente in discussione dalla situazione attuale. Pensare ad un qualsiasi tipo di futuro è quasi impossibile, a causa dei miliardi di cose che accadono e dovevano accadere “al tempo del coronavirus”; ma il fatto che la prima cosa a cui pensiamo sia la perdita delle cose scontate come un abbraccio o un bacio è la dimostrazione di quanto sia frivola la società: si perdono vite ogni giorno che non torneranno più indietro. L’altro giorno discutendo mi veniva detto che si doveva trovare una via di mezzo fra il non far crollare l’economia e preservare la salute delle persone e personalmente trovo questo modo di pensare a dir poco surreale. In questo momento di crisi bisogna semplicemente cercare di fare meno morti possibili e poi cercare di uscirne il meno peggio possibile. A noi persone comuni, che possiamo fare ben poco di concreto per salvare il salvabile, non resta che riflettere sulla nostra condizione e sul modo che avremo di vedere le cose una volta che tutto questo sarà finito. In questo mondo terrificante ci restano solo i legami che creiamo, e questi legami stanno venendo continuamente messi alla prova: dobbiamo “sopportare” le nostre famiglie ventiquattro ore al giorno, non possiamo avere nessun contatto  fisico con le persone che solitamente abbiamo sempre accanto, ma contemporaneamente cerchiamo di circondarci di gente in video chat perché non abbiamo il coraggio di rimanere da soli con i nostri pensieri. E proprio per questo temo che l’unica cosa che questa pandemia lascerà alla maggior parte di noi sarà la sensazione di aver sprecato una parte delle proprie vite.

Ma quella parte di noi che si è risvegliata in questo mese di solitudine esiste, ed è importante che lo ricordiamo. Perché come ad una crisi climatica corrisponde un virus che ci costringe a smettere di inquinare, ad una vita passata con il bisogno di circondarsi di persone corrisponde quella parte di noi che ha bisogno di un mese di solitudine

Daniele Poli III C