A scuola di integrazione

Il sonno dell’ignoranza e della non conoscenza genera discriminazioni

I migranti, oggi, sono il risultato di un mondo senza frontiere e ci offrono uno stile di vita totalmente nuovo.

Noi, alunni della 2I dell’Istituto Avogadro, siamo una classe multietnica formata da ragazzi provenienti da molte parti del mondo: Italia, Marocco, Romania, Spagna, Ecuador, Colombia, Repubblica Dominicana, Moldavia e Albania.

La nostra diversità non è un limite, bensì una ricchezza, poiché senza l’immigrazione la classe 2 I non ci sarebbe mai stata. Scherziamo e ridiamo sulle nostre origini, perché sono il nostro punto di forza.

Da anni la nostra città, Torino, è una città propensa all’accoglienza.

Nell’immaginario di chi emigra, la città assume i contorni di una realtà capace di offrire innumerevoli possibilità, ponendo fine alla miseria e agli stenti della terra natìa.

Il fenomeno migratorio, ovviamente, si è evoluto nel corso del tempo.

A partire dal secondo dopoguerra, la città di Torino è stata al centro di un consistente flusso migratorio che, iniziato nei primi anni Cinquanta, raggiunse il suo apice nel periodo del miracolo economico e proseguì per tutti gli anni Settanta del Novecento. Partivano, in quegli anni, uomini e donne residenti nel Sud Italia, attratti dalle possibilità lavorative, e il saldo migratorio risultava essere, infatti, il più elevato di tutte le altre città italiane.

Negli ultimi anni, invece, il melting pot cittadino è cambiato: la comunità rumena ha un’incidenza maggiore tra quelle europee, mentre tra quelle extraeuropee la più diffusa è quella marocchina.

L’integrazione non è un processo sempre inclusivo, poiché a volte si verificano atteggiamenti discriminatori. Ad esempio, negli anni del boom economico, l’incontro tra torinesi e immigrati meridionali portò alla formazione di differenze culturali ed identitarie, che scaturirono in epiteti ingiuriosi, nati per screditare i nuovi arrivati.

Non tutte le persone, purtroppo, accettano i migranti come membri della società e ciò sfocia in episodi di razzismo, con conseguente emarginazione sociale.

Le cause sono tante, fra queste: ignoranza, paura, fake news e luoghi comuni.

I mass media e i social fomentano, molto spesso, immagini negative nei confronti dello straniero, tendendo a strumentalizzare l’argomento sull’immigrazione.

Gli italiani leggono e sentono notizie di stranieri che rubano, uccidono e spacciano droga, perché gli atti criminali compiuti da cittadini stranieri hanno una risonanza maggiore rispetto a quelli compiuti dagli italiani. Ciò avviene perché si dà più peso alla nazione di provenienza del criminale rispetto all’atto criminale in sé.

Sono soprattutto gli adulti a guardare con diffidenza allo straniero, mentre buona parte dei giovani non giudica sulla base di differenze etniche. Adulti che hanno dimenticato che l’Italia è stata terra di emigranti e, quindi, gli italiani immigrati. Un esempio lampante di come la storia sia sempre caratterizzata dalla ciclicità.

Chi prova disprezzo nei confronti degli stranieri è incapace di accettare le diversità e di provare il dolore che affligge i discriminati. La maggior parte osserva solo il comportamento degli stranieri, ma in pochi provano a mettersi nei loro panni: sono uomini, donne e bambini provati da viaggi interminabili per scampare a guerre, miserie, carestie e a condizioni di vita disumane.

Noi crediamo che il razzismo sia sintomo di ignoranza e di mancata conoscenza, perché è la paura di ciò che non si conosce a generare discriminazioni e a spingere a odiare qualcuno solo per il colore della sua pelle.

Non abbiamo nessuna “ricetta” per risolvere una tematica così delicata, ma siamo sicuri che la scuola, la curiosità di scoprire l’altro e la sensibilizzazione sull’argomento siano le uniche armi vincenti contro l’odio e la diffidenza.

Gli alunni della 2ª I
dell’I.I.S. “A. Avogadro” di Torino