La ribellione della Natura

L’uomo abita la terra da migliaia di anni e adesso le conseguenze di uno sfruttamento continuo imposto sulla natura da secoli appaiono in maniera sempre più evidente.

L’essere umano risulta superiore agli altri animali per la sua propensione all’adattamento, che si traduce nel modificare le proprie abitudini e l’ambiente circostante per poter vivere “al meglio”. Col passare degli anni, però, adattare l’ambiente si è trasformato in un vero e proprio sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’uomo. Tutte le fonti scientifiche ribadiscono quanto sia importante agire al più presto, così da fermare il declino che stiamo causando, affermando che non può esistere vita senza una terra. Infatti la credenza che l’uomo possa sovrastare la natura non è altro che una mera illusione, che porterà alla fine del mondo come lo conosciamo.

È molto interessante analizzare le diverse convinzioni in epoche differenti riguardo l’impatto dell’uomo sulla natura e cosa questo avrebbe comportato. Più di duemila anni fa, Plinio il Vecchio, nell’opera “Naturalis historia”, riconosceva le colpe dell’uomo, parlava di inquinamento e di “uomini velenosi”. Già allora era in grado di identificare la sopraffazione dell’uomo sulla terra e quanto la superiorità della specie umana sulle altre si traducesse solo in cattiveria e malizia. L’autore conclude il brano elogiando la grandezza della natura, quindi la superiorità sulla specie umana, che si manifestava attraverso una quantità maggiore di “uomini buoni” che avrebbero continuato a rendere migliore la vita. Una visione molto simile la fornisce Leopardi nel “Dialogo di un folletto e di uno gnomo”, in cui racconta un mondo in cui gli uomini, a furia di farsi guerra, si sono estinti e la vita sulla terra continua in una pace indisturbata. Questi due autori, tuttavia, non analizzano una natura violata dall’impatto dell’uomo, bensì la malvagità di uomini che si fanno guerra tra loro, danneggiando anche ciò che li circonda.  Adesso, invece, sappiamo quanto l’impatto umano danneggi la natura e, come spiegano simpaticamente gli “Eugenio in Via Di Gioia” nella canzone “La punta dell’iceberg”, se non ci dovesse essere cambiamento si prevede un futuro di progressi scientifici, che però porteranno ad un’esistenza poco vivibile. È molto stimolante la frase nella canzone “evoluti a tal punto / da non essere voluti dagli altri”, questa può costituire un collegamento con gli altri due testi, poiché afferma che dalla “superiorità” dell’uomo, dovuta all’evoluzione, non derivi necessariamente una vita migliore.

La natura si sta ribellando a secoli di violenze ed è necessario agire subito per continuare a vivere in un mondo come quello che conosciamo.

Chiara Imbriani III C