Epidemie a confronto

A primo impatto si potrebbe pensare che il 1630 e il 2020, separati da quasi 400 anni, non abbiano elementi in comune. In realtà, l’anno appena trascorso ha gettato l’Italia in una situazione che, per molti versi, può essere messa a confronto con la famosa peste manzoniana, che colpì la penisola nel 1630.

Sebbene si tratti in entrambi i casi di un’epidemia che ha colpito milioni di persone e ha causato una grandissima quantità di morti, è evidente che tra le due situazioni prevalgano notevoli differenze.

Manzoni vuole sottolineare la negligenza delle autorità milanesi e l’incompetenza dei medici dell’epoca. Anche i nostri medici all’inizio erano increduli e molti pensavano si trattasse di una semplice influenza, proprio come fecero i dottori allora.

Ma ci distinguiamo dal comportamento degli uomini del ‘600 proprio grazie allo sviluppo della scienza e della medicina, che ci ha permesso di studiare le caratteristiche del nuovo virus, per cercare di trovare una terapia adatta per curare al meglio i malati. Ulteriore conferma del nostro sviluppo scientifico e tecnologico è sicuramente la scoperta del vaccino, che è avvenuta in meno di un anno. Possiamo distinguere la peste dal coronavirus anche per il maggior numero di morti che essa ha provocato. I malati sono trattati in modo diverso nelle due epidemie: durante la peste i malati gravi vengono portati tutti insieme nei lazzaretti dove venivano curati da frati cappuccini, mentre oggi i malati che presentano sintomi gravi vengono portati uno alla volta negli ospedali dove ci sono dei veri professionisti.

Se invece andiamo ad analizzare la reazione che hanno avuto il popolo e le istituzioni alle diverse epidemie, vediamo che Manzoni racconta di violente rivolte della popolazione contro coloro che parlano della peste, dovute alla sottocultura della gente. All’epoca erano in pochi a credere nell’esistenza della peste e le persone si comportavano come nulla fosse; basti pensare al governatore Ambrogio Spinola, che una volta informato dell’aumentare dei morti, affermò di ritenere la guerra cosa più importante e ci dedicò tutto il denaro disponibile. In questo modo i cittadini non ebbero sufficienti risorse per fronteggiare l’epidemia. È da notare anche la mancanza di rigide restrizioni, che causò un notevole peggioramento: ad esempio venne permessa la realizzazione della processione di S. Carlo a Milano, con il solo avviso di far rimanere a casa i malati.

Quando in Italia le autorità ebbero la conferma che il virus si stava diffondendo rapidamente nella popolazione, seppur con notevoli difficoltà e con ritardo, hanno emanato provvedimenti che hanno limitato drasticamente la libertà individuale dei cittadini, costretti a rimanere confinati in casa per oltre due mesi; se da un lato queste decisioni hanno contrastato efficacemente la diffusione del virus, dall’altro hanno causato drammatiche difficoltà economiche per molte famiglie italiane. Da questo punto di vista, la nostra società si è rivelata particolarmente vulnerabile: l’Italia non era pronta ad affrontare un’emergenza simile. Sebbene il governo sia intervenuto, per quanto possibile, a offrire un aiuto economico a tutti coloro che ne avessero bisogno, le complicazioni aumentavano giorno dopo giorno anche dal punto di vista sanitario. I posti disponibili in terapia intensiva diminuivano vertiginosamente, a tal punto che ad aprile i medici sono stati costretti a selezionare i malati in base alla loro possibilità di sopravvivenza, dando loro la priorità rispetto a pazienti le cui condizioni erano ormai troppo gravi.

Ovviamente, oltre a tutte queste differenze, sia di atteggiamento sia di contesto storico, possiamo trovare anche diversi punti di contatto.

Quando era solo la Cina ad essere colpita dal COVID, in Italia accadeva che le persone dai tratti orientali venissero escluse e ciò accadeva analogamente nella Lombardia del ‘600 quando gli stranieri venivano considerati untori.

Manzoni osserva con ironia come alcuni storici si ostinassero a cercare il nome di colui che aveva portato la peste in Italia, un dato che lui riteneva irrilevante, lo stesso è successo con la ricerca del paziente zero affetto da coronavirus.

Si può notare anche che la Lombardia risulta la prima regione italiana colpita sia dalla peste nera sia dal coronavirus, in particolare proprio la città di Bergamo in entrambi i casi.

Queste affinità risultano però irrilevanti rispetto alle differenze che, oltre ad essere più numerose, sono molto più importanti perché riescono a farci aprire gli occhi su quanto fosse ignorante, indifferente e a tratti anche indisciplinata, dati anche i numerosi episodi di violenza, la società del Seicento rispetto alla società moderna.

Sta di fatto che anche se quest’ultima abbia manifestato a volte dei comportamenti sbagliati, rimane molto più ragionevole rispetto alla società descritta da Manzoni nei Promessi Sposi; infatti lui descrive la peste come il prodotto della stupidità e dell’ignoranza dei governanti del 1600.

Francesca Zaretti
Ginevra Onorascenzo
Beatrice Maltinti
3C