EROISMO: L’UOMO DI FRONTE ALLA GUERRA.

Le guerre hanno sempre caratterizzato e determinato la storia dell’essere umano. L’uomo, in base ai diversi ideali e modelli che erano proposti dalla società contemporanea, affrontava le guerre in maniera sempre differente.  Nel mondo greco, per iniziare, era davvero un eroe. La concezione dell’eroe tramandata dal poeta Omero è complessa ed articolata: la società imponeva un modello con dei canoni, come «καλός και αγαθός» (bello e forte), nel quale i leader dovevano pienamente rispecchiarsi. Figura portante di questa ideologia è Achille, l’eroe per eccellenza, che guidato dalle sue emozioni, vince ogni nemico. Un semi dio che, nonostante debba sempre sottostare al fato ed agli dei, travolge e ribalta ogni battaglia. Gli stessi ideali vengono anche trascritti da Tirteo, poeta greco elegiaco, che mette in risalto un altro aspetto portante della società : la cultura della vergogna.  L’uomo infatti era perennemente sottoposto alla critica generale, il proprio valore era dato dal pensiero collettivo che si basava sulle gesta compiute. Infatti Tirteo scrive di come la vita abbia sens o solo se questa fosse persa in battaglia. Non vi è la paura della morte, ma al contrario quest’ultima deve essere agognata se porta alla memoria eterna. Vivere senza combattere è un disonore ineguagliabile, mentre ciò che rende degni è affrontare il proprio destino, per quanto possa essere insidioso ed incerto. Dopo il grande splendore greco inizia a svilupparsi la civiltà latina. A scriverne saranno tanti, ma ricordiamo particolarmente Cesare che, con il “de bello Gallico” e il “de bello Civili”, presenta un altro modo di combattere e di affrontare le numerose guerre che egli compie per espansionismo. Con Cesare appare un nuovo personaggio: se per i Greci vi era la figura dell’eroe giovane e bello che combatteva da solo, ora vi è la figura del comandante (dux) scaltro e calcolatore che mostra le sue doti da stratega guidando i suoi soldati alla vittoria ma che, se necessario, combatte in prima linea. Inoltre l’uomo muta atteggiamento anche quando subisce una sconfitta. Nel mondo latino quest’ultimo non è più succube della critica generale (cultura della vergogna), ma il giudizio parte da se ste ssi con una lettura introspettiva e personale. Questo comportamento traspare nell’atto estremo di Curione che muore in battaglia non solo per onore, ma anche per vergogna avendo tradito le aspettative di Cesare. Il comportamento di un soldato non dipende più dal giudizio generale, i suoi sentimenti non nascono dalla paura e dalla vergogna dati dalla società, ma dal singolo che si sente mortificato nell’aver fallito: una delusione personale che non implica secondi. Un aspetto immutato invece che accomuna le due civiltà analizzate è come l’esercito affronta la battaglia imminente. Cesare racconta di Crastino, un anziano centurione che aveva chiesto di rimanere in servizio ancora una volta per ottenere la sua riconoscenza . Crastino in questo caso rappresenta la mentalità che un centurione possedeva : combatteva con coraggio e forza per la patria ma soprattutto per onorare il proprio comandante, che con vigore incitava i soldati con le sue doti da oratore. (Aspetto ricollegabile anche alla Sparta greca con l’episodio di Leonida e dei suoi trecento spartani che fino alla morte avrebbero seguito il loro leader.) Non troppo tempo dopo però questi ideali classici mutarono drasticamente, così come la concezione della guerra. Anche la morte non era più un passaggio alla gloria eterna, ma divenne la morte che tutt’oggi concepiamo: la fine della vita. Ideali come combattere per la patria oppure morire per onore scomparvero. Le guerre che sottolineano enormemente questo cambiamento sono quelle che sconvolsero e coinvolsero il mondo : le guerre mondiali. Ungaretti nelle sue poesie evidenzia più volte la fragilità e lo sconforto che è presente fra i vari uomini, che si ritrovano a combattere sul fronte non per propria volontà, ma perché costretti da un sistema superiore. Essi  non sono più centurioni romani o soldati greci, sono semplici uomini strappati dalla loro vita e costretti alla morte; vengono spogliati di tutto e ciò che rimane è solo il dolore e la paura di un destino incerto. Dal XX secolo, quindi, la guerra è considerata solo un evento assolutamente distruttivo. Tutt’oggi la nostra società non ha più esempi da seguire ed a cui ispirarsi, provocando uno smarrimento generale : non si sa più in cosa credere o per cosa combattere.

 

Francesca D’Ambrosio

Liceo Vico Napoli 3A Cambridge