27 GENNAIO 1945: LIBERAZIONE DI AUSCHWITZ

Nel 2005 l’Assemblea Generale dell’ONU ha ufficialmente identificato il 27 gennaio come ricorrenza internazionale per commemorare le vittime della Shoah.
Il 27 gennaio del 1945, infatti, le Truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, nel quale, a partire dal 1940, i nazisti realizzarono il massacro di milioni di persone di ogni età (per la maggior parte ebrei) deportate da tutta l’Europa Occidentale.
I russi trovarono nel campo settemila persone ancora vive, tra baracche e cumuli di cadaveri. Di fronte a loro videro un paesaggio macabro, straziante alla vista, nonostante i tedeschi avessero cercato di eliminare le tracce di quel malsano piano il cui obiettivo era sopprimere ogni forma di diversità.
Ciò che è stato fatto dai nazisti potrebbe sembrare surreale e proprio per questo il medico austriaco Otto Wolken, nel corso della sua prigionia, mise da parte documenti, mappe e foto che avrebbero potuto testimoniare la terribile realtà.
Per comprendere al meglio le disumane condizioni dei prigionieri, basti pensare che molti di loro morirono dopo aver ingerito il cibo offerto dai soldati sovietici, poiché i loro organismi non erano più in condizioni di poter assorbire o ingerire alimenti solidi.
Dalle testimonianze di chi ha vissuto in prima persona questa tragedia, si apprende che l’arrivo dell’Armata Rossa non è stato percepito come un momento particolarmente gioioso: tra i prigionieri è, infatti prevalsa l’angoscia al solo immaginare una vita che sarebbe stata per sempre segnata da quell’evento traumatico.
Particolarmente importanti sono le testimonianze di Sami Modiano e Goti Bauer.
Il primo descrive le condizioni fisiche dei prigionieri, ridotti pelle e ossa (li definisce “SCHELETRI VIVENTI”), e sostiene che perfino i soldati sovietici, i quali avevano a che fare ogni giorno con la morte, non poterono credere ai loro occhi quando videro la moltitudine di cadaveri presenti in ogni angolo del campo. Egli, come anche gli altri sopravvissuti, si è da sempre ritenuto un “privilegiato” e lo tormenta costantemente la domanda “PERCHÉ IO?”, sentendosi quasi in colpa nei confronti di quelle povere anime che hanno perso la vita e, contrariamente a lui, non sono riuscite a salvarsi.
Goti Bauer racconta, invece, che l’arrivo dei russi fece rattristare ulteriormente coloro che avevano perso tutto (il lavoro, la famiglia…), poiché una volta usciti dal lager si sarebbero ritrovati completamente soli.

È proprio alla scopo di non dimenticare e di far sì che tutto ciò non accada di nuovo che bisognerebbe, a nostro avviso, parlare e riflettere più spesso su questa tematica.

Fonte immagine di copertina: Corriere.it

Angela Cartacci e Martina Di Marcello IIIBX