Pandora, Eva e la nascita della misoginia

Nel corso della storia la figura femminile ha sempre ricevuto un trattamento meno favorevole di quello riservato alla controparte maschile: costretta a vivere per tutta la vita soggetta alla potestà di un uomo, prima del padre o dei fratelli maschi, poi del marito; privata da tutta una serie di diritti; esclusa dalle attività sociali; messa ai margini della società; relegata al ruolo di moglie e madre. Nell’antica Grecia, infatti, la donna era considerata ignorante e inferiore ed era costretta a vivere, quasi sempre, chiusa in casa. Lo sviluppo della democrazia, che poteva sembrare un’opportunità per un’iniziale emancipazione, non fece altro che peggiorare la condizione femminile poiché le donne furono completamente escluse dalla vita pubblica. Il loro unico ruolo era quello di procreare figli e soddisfare i desideri dell’uomo. Figura che riassume la misoginia che caratterizza il mondo greco è Semonide, che nel suo frammento più celebre, Il giambo contro le donne, classifica le indoli femminili in dieci tipologie, quasi tutte negative. La donna è sporca e pigra, infida, chiacchierona, inerte e capace solo di mangiare, volubile, lavoratrice solo se costretta, sgraziata, ninfomane, ladra ed empia, sfaticata e svogliata nel sesso, brutta, ridicola e cattiva. L’unica che si salva è la donna-ape, capace di far prosperare la casa, ottima madre, affezionata e pudica, perfetta perché resta sempre al suo posto e acconsente, senza protestare, a tutto ciò che l’uomo le dice di fare. Per Semonide la donna è la più grave sciagura mandata da Zeus ai mortali, che arrivano a morire per causa sua. Effettivamente, nella tradizione greca, la donna fu creata da Efesto su ordine di Zeus, che la donò ad Epimeteo e la inviò sulla Terra per punire gli uomini per il furto del fuoco. Pandora, è questo il nome della prima donna mortale, fu plasmata da un miscuglio di terra ed acqua a cui fu aggiunta una voce umana e ricevette in dono dagli dei la bellezza, la virtù, la grazia, l’astuzia e l’ingegno. Una creatura perfetta, ma che portava con sé una disgrazia: quando fu il momento di raggiungere gli uomini, infatti, Zeus le affidò un vaso con l’ordine di lasciarlo sempre chiuso. Pandora però, spinta dalla curiosità, lo aprí, liberando nel mondo tutti i mali. La sua storia, raccontata da Esiodo ne “Le opere e giorni”, è simile a quella di Eva, la prima donna mortale della tradizione biblica, creata per volere di Dio dalla costola di Adamo, che, come Pandora, non nacque per essere libera, ma per essere donata a un uomo. Tentata dal serpente, che decise di adescare lei e non Adamo per la facilità nel convincere le donne, Eva mangiò il frutto dell’albero proibito, commettendo il peccato originale e causando la caduta dell’uomo. La figura di Eva condizionò non poco la visione che la società cristiana ebbe,  nei secoli successivi, della donna. Ne è un esempio Tertulliano, scrittore romano nonché filosofo e apologeta cristiano, che nelle sue opere non perde mai l’occasione per attaccare e sminuire la figura femminile. Egli sostiene che ogni donna porta in sé “ciò che le deriva da Eva- l’ignominia, del primo peccato, e l’odio, causa dell’umana perdizione.” La donna è “la porta del demonio”; la prima che ha disobbedito alla legge divina; colei che “ha convinto Adamo, perchè il Demonio non era coraggioso abbastanza per attaccarlo”; lei “ha distrutto l’immagine di Dio” e, “a causa di ciò che ha fatto, il Figlio di Dio è dovuto morire”. E nonostante le sue colpe, che derivano dall’essere una discendente di Eva, la donna continua a peccare, consapevolmente, e a indurre in tentazione l’uomo. Il peccato originale legava in maniera indissolubile la donna al demonio e per questo motivo, nei secoli successivi, fu perseguitata e uccisa nella famosa caccia alle streghe. La caccia, però, serviva anche a evitare che le donne si liberassero dalla loro posizione di sottomesse, che cercassero di ribellarsi alle regole della società. Ritorna, quindi, l’idea che la donna, a causa della sua curiosità, sia portatrice del male e vada controllata per evitare che la sua malvagità causi sciagure. Solo nei secoli successivi, grazie anche alla nascita dei movimenti femministi, la società iniziò a capire che la figura femminile non poteva e non doveva essere relegata al solo ruolo di moglie e madre. Si capí che il livello di avanguardia di una società dipendeva anche e soprattutto dal ruolo della donna in questa. Eppure la strada che le donne, e la società tutta, devono percorrere per ottenere una totale uguaglianza tra i due sessi, è ancora lunga e complicata. Analizzando il percorso che la condizione femminile ha affrontato nel corso dei secoli, non stupiscono le numerose notizie di femminicidio, di stupri e di violenze sulle donne, e non stupisce neanche la notizia che la Turchia sia uscita dalla Convenzione di Istanbul, non riconoscendo, di fatto, le violenze che le donne sono costrette a subire ogni giorno. Piuttosto, tutto questo lascia profondamente deluse tutte quelle persone che negli anni si sono esposte e hanno lottato per l’uguaglianza, facendoci capire che la sorte della figura femminile e appesa a un filo tenuto ancora nelle mani degli uomini e non delle donne stesse, impossibilitate dal essere padrone del proprio destino.

Fabiana De Luca

3A Liceo Classico G.B. Vico – Napoli