Vivere in una società “bio-denigrabile”

La tematica riguardante l’ambiente e il suo surriscaldamento è una delle più affrontate oggi giorno. Ci troviamo di fronte a uno dei cambiamenti strutturali più profondi, di un mondo che forse era andato oltre i propri limiti di sostenibilità da tutti i punti di vista, un mondo che si ritroverà a doversi rimodellare su paradigmi molto diversi da quelli sin qui vissuti. La vita attuale è inquinata alle radici. L’uomo ha preso il posto degli alberi e degli animali, ha inquinato l’aria, ha ridotto lo spazio alla natura. Ogni metro quadro è e sarà sempre di più occupato dall’uomo. “Chi ci guarirà dalla mancanza di aria e di spazio? Solamente a pensarci soffoco!” (Italo Svevo, La coscienza di Zeno). Allora, quando ogni singolo metro quadro del pianeta sarà occupato da un uomo, qualunque sforzo per giungere al rimedio sarà vano. Dunque l’uomo deve giocare ora le sue carte, l’uomo che conosce un solo futuro, quello per sè stesso. Il mondo sta soffocando, boccheggia, viene strozzato ogni giorno da tonnellate di plastica, dai rifiuti che finiscono in mare, da decisioni sbagliate prese dall’uomo. Quel bel mare dove siamo soliti trascorre le nostre estati felici, quel bel mare davanti cui ci emozioniamo guardando un tramonto, potrà divenire un effimero ricordo se non ci mobilitiamo. La cosa più allarmante infatti, è che la responsabilità non viene sentita da tutti i cittadini allo stesso modo. La gente evita di assumersi le proprie responsabilità, scansa il problema, sfugge come se esso non riguardasse chiunque su questo pianeta. “Quando gli uomini avranno inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero, preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche” (Toro Seduto). Forse, non tutti sanno che il mondo in cui viviamo è un mondo patogeno. Come fa una situazione del genere a non interessare l’intera umanità? Come fa a non allarmare il singolo individuo? C’è qualcuno, infatti, che si è stancato di aspettare che dall’alto calino leggi che ci spingano ad agire per bene, e si è mobilitato per la salvaguardia dell’ambiente. Lei è Greta Thunberg, la giovane ragazza che combatte quotidianamente una battaglia importante, quella che ha una sola vittoria possibile, forse un po’ utopica: rispettare le leggi morali, rispettare l’ambiente, rispettare i diritti dell’uomo. Che il clima sia diventato l’ossessione di Greta, è stato la sua salvezza. Viene spontaneo porsi la domanda: se lo diventasse di ognuno di noi, potrebbe portare ad una salvezza collettiva? Premetto col dire che, avere un’ossessione non è mai una cosa positiva, anche qualora, come in questo caso, il fine dovesse giustificare i mezzi. Dunque, rispondo affermando che potrebbe portare ad una salvezza non del tutto effettiva e pertanto parziale. Da un lato ciò comporterebbe la salvaguardia ambientale ed un miglioramento del clima, dall’altro questa mania equivalerebbe meramente ad un tormento continuo che confluirebbe in una distrazione dalle cose che, sebbene apparentemente meno necessarie, comunque fondamentali per il conseguimento della vita umana, quali: prestazioni lavorative, benessere fisico e mentale, rapporti interpersonali…Siamo tutti al corrente dell’incessante riscaldamento globale, della minaccia esistenziale a cui prendiamo parte quotidianamente: il mondo sta letteralmente bruciando, la natura è in fiamme mentre noi divoriamo avidamente ogni sua risorsa, colpevoli distruttori della sola dimora che abbiamo. I ghiacciai continuano ininterrottamente a sciogliersi, le foreste bruciano e i cieli si colorano di fuoco; questa è una vera e propria apocalisse che incombe molto più velocemente di quel che pensavamo, su di noi che non sappiamo curarcene, che prendiamo tutto con una leggerezza e una superficialità inadeguate al problema, che consideriamo “pesante” chi si preoccupa e viviamo nella continua attesa che qualcuno si inventi qualcosa, per non essere costretti a mutare le nostre consuetudini. L’umanità percepisce la natura come una scatola di caramelle senza fondo dalla quale prendere ciò che vogliamo, ma un giorno la natura reagirà. Prova del nostro fallimento nel tutelare l’ambiente risiede nel fuoco, nei frequenti incendi; tra una sigaretta e un pranzo a base di manzo guardiamo il presente ridursi in cenere ed il futuro eclissarsi. Il mondo si sta estinguendo ma sembra che per molti di noi questo sia un dato irrilevante paragonato alla pubblicazione di un post su instagram. Greta Thunberg è un esempio di chi invece, antepone il riscaldamento globale alle esigenze primarie. Essa tratta del surriscaldamento come un processo pericoloso che sta distruggendo la Terra e sorprende i politici e non solo, sferrando un duro “attacco” contro la disinformazione della tv e della stampa su un argomento così importante; dimostra come le trasmissioni televisive, pur di avere argomenti di dibattito, raccontino menzogne manipolando le notizie e la mente del pubblico, ignorando la gravità degli esiti scientifici. Siamo al confine della più grande catastrofe che l’umanità abbia mai affrontato e il governo non fa nulla; c’è bisogno di qualcuno che non si lamenti e parli soltanto ma agisca, perché se le crisi vengono affrontate in tempo, i problemi non saranno così gravi. Oggi giorno ci sono politici che nemmeno sanno cosa siano l’effetto Albedo e la curva di Kilin. Mentre restiamo in attesa il mondo soffoca, viene schiacciato sotto il peso della noncuranza e dell’indifferenza. Proprio come afferma Franco Arminio nella sua Lettera ai ribelli che verranno: “possa la singola giornata non essere mai opportunista”, mai abbandonare la premura verso il prossimo, ma soprattutto verso la natura. Oggi infatti il negazionismo, la convinzione che negando il problema lo si affonti, è il vero protagonista, mentre la paura di un futuro nefasto è una semplice variabile. “Più che l’anno della crescita ci vorrebbe l’anno dell’attenzione. Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza”. Sì, dare valore al silenzio ma non sempre: in questa lotta contro il presente chi tace è il vero reo. Viviamo in un’epoca allo stesso tempo affascinante e terribile: affascinante perché il futuro del Pianeta Terra è soprattutto nelle nostre mani, nelle mani del singolo uomo; terribile perché la nostra generazione è la prima, da quando la specie umana è comparsa sulla Terra, ad avere il potere di distruggere in poco tempo tutto quello che ci proviene dal passato, compromettendo irrimediabilmente quel che potrebbe esistere nel futuro: un presente le cui azioni influenzano il futuro. Il vero artefice del riscaldamento globale, dell’inquinamento ambientale, del buco dell’ozono in Antartide…è l’uomo. “È molto singolare che tutta la natura, tutti i pianeti, debbano obbedire a leggi eterne e che possa esserci un piccolo animale, alto cinque piedi, che a dispetto di queste leggi possa agire a suo piacimento, seguendo solo il suo capriccio” (Voltaire). La Terra, come sta dimostrando, sicuramente tenta ogni giorno di resistere e sopravvivere ai cambiamenti climatici, ma l’uomo sopravviverà? La natura non necessita dell’uomo. L’uomo necessita della natura. Se un domani sparissero dalla faccia della terra donne, uomini, bambini e anziani, il resto della biosfera non ne sentirebbe la mancanza… anzi, potrebbe guarire dalle ferite inflitte dall’essere umano. Il pianeta non ha assolutamente necessità dell’uomo, ma l’uomo invece ha bisogno di un pianeta in cui vivere. Senza esseri umani sulla terra scopriremmo che il riscaldamento climatico tornerebbe in poco tempo entro limiti accettabili e la biodiversità ripartirebbe. Questo perché nell’evoluzione vige un’asimmetria: noi abbiamo bisogno della biosfera per vivere; la biosfera invece non ha alcun bisogno di un mammifero proclamatosi Homo sapiens. Come sarebbe la Terra senza la nostra pervasiva presenza? Selvaggia, indomita, indifferente alle nostre sorti, nuovamente rigogliosa; la natura si riapproprierebbe della sua Terra e si libererebbe dalla prigione in cui l’uomo l’aveva rinchiusa. Questo è un campanello d’allarme: ritroviamo un’alleanza con la Terra, consapevoli di non essere indispensabili. L’uomo è egoista nei confronti della natura e talvolta troppo egocentrico: è convinto che ciò che lo circonda sia stato edificato per sè stesso, certo che le stelle siano state create con lo scopo di illuminare le sue notti. Il famigerato poeta Giacomo Leopardi nel suo Dialogo di un folletto e di uno gnomo, vuole invece dimostrare che non è il mondo a girare attorno all’uomo, ma viceversa; che il mondo non si cura dell’uomo. Se gli uomini non contano il tempo, esso comunque scorre, l’unica differenza è che non c’è nessuno a misurarlo. Leopardi si schiera contro l’idea di Virgilio secondo cui la morte di Cesare avrebbe provocato il deterioramento del sole: la natura non bada all’uomo! Simmetrica a Leopardi è la concezione del rapporto uomo-natura di Giorgio Caproni elaborata nella sua poesia “Versicoli quasi ecologici”. Egli descrive l’azione dell’uomo sulla natura; questa azione che l’uomo compie è espressa con accezione negativa, l’autore infatti ammonisce l’uomo per ciò che compie nei confronti del mare, del vento, degli animali e degli alberi; inoltre non esita ad accusare chi trae profitto dall’uccisione degli animali, i cosiddetti speculatori economici. Per Caproni la natura è portatrice d’amore, infatti lui sostiene che l’amore stesso finisca dove “finisce l’erba e l’acqua muore” e per lui la terra potrebbe tornare a essere bella come in principio se solo l’uomo scomparisse. Paradossalmente, a confermare la futilità dell’uomo per la natura è stata l’attuale pandemia. In piccolissima parte il confinamento vissuto durante i mesi di marzo e aprile ci ha mostrato quali siano gli effetti negativi che l’umanità ha sulla natura. Quello che dobbiamo imparare da questa emergenza “costante” e quotidiana, e dall’esperienza vissuta, è l’umiltà. Dobbiamo ragionare sul fatto che siamo parte di un processo che può fare a meno di noi. Purtroppo però ancora non riusciamo a percepire il costo umano in termini di salute che la devastazione dell’ambiente produce. L’inquinamento non solo ha effetti negativi sull’uomo ma pesa anche sull’economia. Ormai è nota l’equazione: se le persone stanno male e si ammalano sono un costo per tutta la comunità. Non è stata sufficiente la paura che abbiamo provato a farci cambiare? No, la paura non basta. È una reazione umana giusta, perché ci mette in allerta ma è contingente. Tutti abbiamo reagito al momento, ma trasformare la paura in un progetto è molto più difficile. Per cambiare davvero servono progetti, lungimiranza e un’azione politica che azzeri il debito ambientale che sta giorno dopo giorno aumentando. Una delle cause di questa pandemia è dunque da ricercare nel rapporto tra Uomo e Terra che ha perduto il proprio equilibrio e la propria natura. Questo a causa dei già citati cambiamenti climatici, della deforestazione, della progressiva invasione delle città in aree naturali che fungono da “filtro”, di una agricoltura troppo intensiva e forzata. “La terra si sta ribellando”, ma si sta prendendo anche la sua rivincita. Il pianeta, finalmente silenzioso e con il genere umano chiuso nelle proprie case, ha generato paradossalmente benefici per alcune specie animali che si sono “impadronite” dello spazio lasciato libero dall’uomo. Sono stati molti gli studiosi a predire che la prossima pandemia (l’attuale) sarebbe stata causata un virus, la cui presenza però è dovuta all’uomo e alla sua irresponsabilità; “è solo colpa nostra se ora non possiamo più contare le stelle ma solo gli aerei che ci passano sopra”. Più distruggiamo gli ecosistemi, più smuoviamo i virus dai loro ospiti naturali e ci offriamo come un ospite alternativo. Stiamo costantemente invadendo e alterando l’ecosistema, siamo noi diventati molesti, “visibili” e abbondanti agli occhi dei virus. L’unica soluzione è ridimensionare gradualmente il nostro stile di vita. Questa pandemia può pertanto assumere il valore di cambiamento e consapevolezza, deve essere un periodo da cui trarre beneficio e può e deve avere dei risvolti positivi, convalidando il pensiero di Italo Svevo espresso nella coscienza di Zeno: «Forse attraverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute». Questo non significa però che non vi devono essere relazioni tra attività umane e biosfera; esse devono essere tali da permettere agli individui di soddisfare le proprie esigenze, ma in modo tale che la pressione esercitata sulla natura stia entro certi limiti da non distruggere il pianeta. Ogni secondo che trascorriamo sulla Terra è importante, ogni secondo conta, e ogni nostra azione può essere fondamentale. Impariamo da coloro che non aspettano, che non si limitano a sperare e che hanno il coraggio di gridare al mondo intero che cosa bisogna fare! Non perdiamo la nostra unica possibilità di creare un futuro diverso e migliore, necessitiamo di una bella botta di sana consapevolezza! Sembra di vivere in una società di dormienti, un ritorno al passato, ai tempi di Eraclito. Tentiamo di salvare il salvabile, quel che resta del bene, evitiamo la sesta estinzione di massa. La società è come un’ameba: si muove dai margini e non dal centro, pertanto sta a noi giovani essere il cambiamento, sebbene questo significhi assumersi la responsabilità e rimediare ad errori altrui. Il mondo si sta svegliando e il cambiamento sta arrivando, spetta a noi decidere se esso sarà positivo o negativo.

Francesca Cammarota 3A

Liceo Classico Cambridge G.B. Vico