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Tra le pagine de “La felicità delle piccole cose”. Recensione libro

Il testo che ho letto si chiama “La felicità delle piccole cose” di Caroline Vermalle. La storia narrata è fantasiosa e a volte fin troppo romantica e poco verosimile. A tratti lo si potrebbe definire un romanzo rosa, ma lo svolgersi dei fatti si snoda richiamando le opere più famose di autori quali Monet e Sisley. Immediata è sorta in me la curiosità di prenderne visione, per provare a condividere l’interesse e l’ammirazione espressa dall’autrice attraverso il protagonista del testo. Si tratta di  Frédéric Solis,  un avvocato di successo, che esercita la propria professione a Parigi. 

 Appassionato di quadri impressionisti, egli è disposto persino a indebitarsi pur di poterne acquistare qualcuno. La passione per l’impressionismo nasce in Frédéric quando il padre, Ernest,  che si occupava di realizzare calendari, gli mostrava le immagini dei dipinti famosi che avrebbe utilizzato nel suo lavoro. Particolarmente importante per la storia raccontata nel libro è la “gazza” di Monet, capolavoro custodito al musée d’Orsay.

Un giorno, Frédéric entra in possesso di una strana eredità, da parte di un senzatetto a lui sconosciuto. Una specie di mappa del tesoro corredata da un biglietto del treno per Giverny, ove era possibile visitare il giardino di Claude Monet, che fu per lui fonte di ispirazione per numerosi dipinti, e un biglietto per visitare il musée d’Orsay, che ospita la più grande collezione di quadri impressionisti del mondo. Convinto che la mappa lo porterà a un quadro di Monet, decide di decifrarla. Di grande aiuto gli sarà la sua assistente, Petronille, che lo aiuterà a ritrovare l’essenza vera dei valori fondanti della vita. 

Frédéric ha vissuto un’infanzia difficile: pensa che suo padre lo abbia abbandonato all’età di sette anni, e che abbia trascorso tutta la sua vita in carcere. Invitato dalla madre a dimenticarlo, rifiuta ogni tentativo di avvicinamento provato da Ernest. Quando decifra la mappa e intraprende il viaggio tra i luoghi in cui hanno vissuto i suoi amati impressionisti, capisce che quel viaggio lo porterà a suo padre che, malato terminale di cancro, vorrebbe poterlo abbracciare almeno una volta prima di morire. In realtà l’uomo, non aveva mai abbandonato il figlio, e non era nemmeno mai stato in carcere. Si era innamorato di un altro uomo, e la moglie, scoperta la relazione, aveva deciso di cancellarlo dalla vita sua e del piccolo Frédéric. Nei lunghi anni passati lontani da casa, il padre di Frédéric, ha costruito delle relazioni con alcune persone che il protagonista incontrerà lungo le tappe del viaggio indicate dalla mappa. Si relazionerà anche con un fratello adottivo, che farà di tutto per fargli vedere il padre. Questi, il cui nome è Jamel, ha orchestrato tutta la caccia al tesoro, con l’obbiettivo di rendere felice il padre adottivo. Frédéric e il genitore si incontreranno nell’ultima tappa indicata dalla mappa, il Musée d’Orsay.  Qui infatti, lo raggiungerà proprio Ernest, in quello che sarà il suo ultimo giorno di vita. Frédéric avrà il suo quadro, che è semplicemente il calendario, con la riproduzione della “gazza”, che gli ricorda gli ultimi giorni trascorsi con il padre quando era bambino. Insieme a questo, una lettera, speditagli da Ernest molti anni prima, e che lui aveva rimandato indietro, in cui veniva raccontata tutta la loro storia.  Anche se solo per un’ora, prima della morte di Ernest, padre e figlio si ritrovano. 

Provato dalle esperienze vissute, Frédéric aveva deciso di non voler diventare padre, e questo era stato causa di rottura con la donna che amava, decisa invece a diventare madre.  Nelle stesse ore in cui Ernest muore, e nello stesso ospedale, Frédéric diventerà padre, e si riconcilierà con lei. Il racconto assomiglia ad una telenovela, e per questo, in alcuni punti risulta un po’ noioso, ma la narrazione della storia degli impressionisti, e delle loro opere, è stata davvero piacevole. Interessante anche la descrizione dei paesaggi e delle atmosfere di una Parigi sommersa dalla neve a Natale.

 

Giovanni Finocchiaro, III C

 

Voto: 3 stelle su 5