Ogni famiglia è una famiglia

Ancora oggi, ai figli di coppie omosessuali in Italia, bambini e bambine, ragazzi e ragazze, è negato il diritto di poter godere di relazioni affettive stabili e riconosciute con entrambi i genitori

Nel 2021 tutti dovrebbero essere liberi di amare e tutti dovrebbero avere le stesse possibilità di poter avere e accudire dei figli. Ancor’oggi, però, la nostra società fatica a promuovere e a garantire alcuni dei diritti fondamentali. Sebbene in tempi recenti siano state approvate alcune leggi che garantiscono l’unione tra persone omosessuali (legge sulle unioni civili), le famiglie omogenitoriali non possono ancora vedere riconosciuta la genitorialità di entrambi i membri della coppia. Il dibattito riguardante la genitorialità e, in maniera più specifica, l’omogenitorialità iniziò in seguito agli studi di Susan Golombok effettuati durante la fine degli anni Settanta. Il dibattito si è diffuso in campo scientifico, etico, politico giuridico e antropologico ed è un argomento di grande attualità. In seguito agli studi di Golombok, molti sono gli intellettuali che si sono dedicati a questo ambito di ricerca, dimostrando che crescere in famiglie omogenitoriali non compromette il benessere dei bambini e delle bambine. Su 77 ricerche, svolte prevalentemente negli Stati Uniti, che mettono a confronto bambini e bambine cresciuti in famiglie omosessuali con loro coetanei nati in famiglie eterosessuali, 73 non evidenziano differenze significative.

Inoltre, grazie a studi e ricerche più recenti condotti dal professore dell’Università La Sapienza di Roma, Roberto Baiocco, e dal suo gruppo di ricerca, è stato possibile osservare l’omogenitorialità anche in Italia. Il gruppo di ricerca ha preso in esame 70 padri gay, 125 madri lesbiche e 195 coppie eterosessuali, tutti con figli tra i 3 e gli 11 anni ed ha dimostrato che i figli delle “famiglie arcobaleno” «stanno bene, sia in termini di adattamento psicologico che in termini comportamento sociale» e, soprattutto, che i bambini e le bambine cresciuti/e da genitori omosessuali o eterosessuali non mostrano differenze significative per quanto riguarda la salute mentale, l’identità sessuale, le esperienze sociali, le relazioni con i pari e la riuscita scolastica. Questo significa che lo sviluppo psicologico e sociale di un individuo non dipende dall’orientamento sessuale né dal sesso biologico dei propri genitori. Il benessere dei figli e delle figlie delle “famiglie arcobaleno” dipende essenzialmente dalla cura attenta, coscienziosa ed equilibrata dei propri adulti di riferimento, dal riconoscimento reciproco e prescinde dal loro orientamento sessuale. L’Associazione Italiana di Psicologia ha ribadito più volte che «né il numero né il genere dei genitori garantisce di per sé le condizioni di sviluppo migliori per i bambini, ma la loro capacità di assumere questi ruoli e le responsabilità educative che ne derivano».

Una delle questioni che potrebbero provocare difficoltà nei bambini e nelle bambine cresciuti/e in famiglie omogenitoriali è che loro stessi percepiscono le discriminazioni nei confronti dei genitori e i pregiudizi diffusi nel loro contesto sociale. Questo aspetto è connesso anche al riconoscimento della genitorialità delle coppie omosessuali. Il problema per le coppie omosessuali non è solo relativo al modo in cui poter concepire o adottare un figlio o una figlia, ma è anche -e soprattutto- il mancato riconoscimento giuridico del genitore non biologico. Il figlio che cresce con due genitori omosessuali, sebbene figlio dal punto di vista affettivo e della vita quotidiana, non è riconosciuto, dal punto di vista giuridico, come figlio della madre biologica e della compagna o come figlio del padre biologico e del suo compagno. Questa limitazione, inevitabilmente, va a toccare soprattutto l’interesse del minore. Proprio al fine di tutelare i diritti di quest’ultimo, alcune sentenze della Corte di Cassazione hanno permesso il riconoscimento del genitore non biologico. Esemplificativa è, a questo proposito, la sentenza del 15 giugno del 2017. In questa data due donne, sposate nel Regno Unito e che concepirono un bambino tramite la fecondazione assistita, hanno richiesto alla Corte di Cassazione una modifica dell’atto di nascita del figlio in modo tale che quest’ultimo potesse essere riconosciuto sia con il cognome della madre biologica sia con quello della compagna della madre. Sebbene in Italia l’adozione da parte di coppie omosessuali non sia consentita, la Corte di Cassazione, durante il terzo grado di giudizio, concentrandosi proprio sull’interesse del minore, ha riconosciuto il diritto a quest’ultimo di poter avere una relazione affettiva ed uno stesso legame con entrambi i genitori.

È auspicabile che queste recenti sentenze rappresentino un primo passo verso un ampliamento del riconoscimento dei diritti delle famiglie omosessuali che, ancor’oggi, vengono considerate “diverse”, sebbene, come ogni famiglia, siano semplicemente «il frutto dell’incontro e del riconoscimento reciproco, dei modi con cui vengono gestiti l’emotività e lo stress, delle risorse e dei vincoli che con il tempo si vengono a formare» (cit. da Lambruschi e Lionetti, La genitorialità, Carocci 2016).

Aurora Consoli 4Dcl

foto copertina da www.famigliearcobaleno.org/it/