• Home
  • Blog
  • Articoli
  • “La ragazza con l’orecchino di perla”, vale la pena leggerlo?

“La ragazza con l’orecchino di perla”, vale la pena leggerlo?

“La ragazza con l’orecchino di perla” è un romanzo di Tracy Chevalier, scritto e pubblicato nel 1999 in Inghilterra.

Il libro, ambiento nell’Olanda del 1664, racconta della storia della giovane Griet che, a causa delle pessime condizioni economiche della famiglia e dell’invalidità del padre, è costretta a dover lavorare già all’età di sedici anni. La madre così organizza un incontro con il pittore Johannes Vermeer e sua moglie Catharina, per farla ingaggiare. L’artista, notando l’incredibile precisione e accuratezza nei dettagli della ragazza, acconsente di assumerla come cameriera. Questo lavoro porta via Griet da casa, costringendola a trasferirsi in quella dei suoi nuovi datori di lavoro. Il compito della giovane è diverso in confronto a quello delle altre domestiche: le viene affidata la pulizia dell’atelier dove Vermeer dipingeva. Un ruolo per nulla semplice considerando che non doveva corrompere l’ordine degli oggetti lì presenti. Inoltre il pittore non voleva che ciò si sapesse in casa.
Infatti, Griet agli occhi degli altri lavorava come governante; eppure la mattina presto, quando tutti ancora dormivano, entrava nel laboratorio per svolgere il suo compito. Solo Maria Thins, l’anziana madre di Catharina, se ne accorge, ma poiché con questo aiuto Vermeer dipinge più velocemente e ci sono più possibilità che i quadri vengano finiti e venduti prima, acconsente, diventando così complice della situazione.

Lavorando nell’atelier, la giovane sedicenne si appassiona all’arte quasi senza rendersene conto. Ama il processo creativo che attraversa Vermeer prima di dipingere, così come le piace osservare lo svilupparsi dei ritratti. Tanto che, più passa il tempo, più acquisisce esperienza, più si avvicina all’artista, acquisendo anche la confidenza di potergli consigliare su alcuni dettagli dei dipinti. I due inevitabilmente finiscono per avvicinarsi.
Tutto procede senza intoppi, finché un grande committente di famiglia, che aveva già più volte importunato la ragazza, ordina all’amico un ritratto di Griet. Il pittore non ha scelta, i debiti aumentano ed è costretto ad accontentare la richiesta del suo cliente. Nonostante Griet sia molto riluttante, soprattutto perché ha paura di essere scoperta. Ed è proprio quello che succederà. Mentre posa con le perle della padrona di casa, viene colta in fragrante dalla stessa che, presa dalla rabbia, la caccia di casa, dove Griet non farà più ritorno.

Dieci anni dopo, sempre Catharina, per volere del marito, ormai morto, è costretta a consegnare alla ragazza le stesse perle che aveva indossato quel fatidico giorno.
La trama è senza dubbio interessante e accattivante, al punto che, credo, se qualcuno me l’avesse raccontata prima che leggessi il libro, non avrei esitato a comprarlo, al contrario di quanto è successo nella realtà. All’inizio non ero proprio entusiasta all’idea di leggerlo, l’arte in generale non mi ha mai interessato. Ero, infatti, sicura che l’avrei trovato noioso e non di mio gusto.
Sorprendentemente, la situazione si è ribaltata del tutto. L’arte è solo un piccolo aspetto dell’intera storia: la narrazione, che sì, si svolge in un contesto artistico, va di per se ben oltre. In realtà, il clou dell’opera è l’amore che nasce tra i due protagonisti. L’arte è trattata in piccola parte, per questo sono riuscita ad apprezzare anche la parte riguardante i dipinti. In effetti, i quadri  sono descritti in maniera dettagliata, dando come l’impressione di essere lì, accanto a Griet, ad osservarli. Questo, nonostante il mio essere prevenuta sull’argomento, mi ha aiutato ancora di più ad apprezzare il romanzo. La Chevalier, inoltre, è riuscita a trasmettere perfettamente la passione per l’arte che la ragazza sviluppa nel corso dell’opera.
Ho letto con curiosità anche le tecniche adottate per creare colori o usate per dipingere i soggetti o, ancora, quelle che aiutavano a rendere il dipinto più equilibrato, aggiungendo o togliendo elementi.
Altra cosa che mi ha sorpreso è come, in realtà, vengano creati i colori nei ritratti: sono una mescolanza di varie tinte che alla fine danno vita ad una unica. Infatt,i come dice Griet stessa, “ho imparato che le nuvole non sono solo bianche, provate a farci caso; sono bianche, gialle, azzurre, verdi”.

Nonostante il mio non amore per la pittura, la scrittrice è riuscita a farmela piacere. Quindi, il libro è adatto a tutti, anche a quelli che, come me, non hanno una particolare predisposizione per l’arte. L’autrice, inoltre, è riuscita perfettamente a farmi immergere nell’Olanda settecentesca, creando un’ambientazione e un’atmosfera veramente coinvolgenti e credibili. Il modo in cui scrive è semplice e scorrevole, lo trovo un libro di facile lettura adatto anche ai più giovani; esclusi i bambini, poiché troppo piccoli per apprezzare la storia.
L’unica pecca che mi sento di criticare al libro è il finale della storia. Non mi aspettavo di
certo un lieto fine, tuttavia ho trovato che la conclusione si sia chiusa in maniera troppo brusca: il fatto che lei venga cacciata di casa e non vi faccia più ritorno, senza avere possibilità di riscatto o di un altro possibile incontro con il pittore, mi ha lasciato con l’amaro in bocca. Per il resto nulla da dire libro promosso e consigliato. Decisamente sì, ne vale la pena.

Testo e foto di

Valentina Strazzuso, III C