“Bacchidi”, commedia plautina. Recensione

La commedia di Plauto intitolata “Bacchidi” narra la storia di due sorelle meretrici, che portano lo stesso nome, le quali fanno innamorare due giovani di loro, Pistoclero e Mnesiloco, scatenando il disappunto dei padri e della maestra Lido.

Poiché una delle due Bacchidi era stata comprata da un soldato di nome Cleomaco per 200 filippi d’oro, stabilendo di poterla lasciare libera solo alla restituzione di tale somma, l’astuto servo Crisalo aiuta Mnesiloco a raggirare il padre al fine di ottenere il denaro necessario a salvare l’amata.
Il primo piano di Crisalo fallisce a causa dell’ira di Mnesiloco per uno sfortunato equivoco nella distinzione delle due fanciulle. Il secondo piano va a buon fine, e fa spendere al padre di Mnesiloco il doppio della cifra richiesta; quando egli scopre l’inganno inizialmente viene accecato dall’ira, insieme al padre di Pistoclero, ma successivamente vengono entrambi sedotti dalle Bacchidi.
Tutti i personaggi rappresentati rispecchiano alla perfezione i tipi plautini. Il personaggio certamente più interessante e fondamentale per le dinamiche della commedia è il servo Crisalo. Egli è dotato di molta astuzia e, pur temendo in parte il padrone Nicobulo, padre di Mnesiloco, non ha problemi nell’ingannarlo a favore del figlio: riesce infatti a ottenere facilmente ciò che desidera, anche dopo aver perso la fiducia del padrone, tramite la tecnica della psicologia inversa.
Le Bacchidi sono le protagoniste femminili, meretrici abili a conquistare gli uomini grazie al loro corpo e alle loro parole. Pistoclero, giovane innamorato di una delle due Bacchidi, a causa della sfrenatezza dei suoi anni si lascia sedurre, dopo pochi sospetti, dalla fanciulla e dimostra nel momento dell’equivoco una grande fedeltà all’amico Mnesiloco; anche Mnesiloco cade ai piedi dell’altra Bacchide, per la quale prova una forte gelosia, inoltre egli ripone una fiducia cieca nei confronti del servo Crisalo.
Nicobulo, padre di Mnesiloco, dimostra un affetto nei confronti del figlio e la volontà di volerlo salvare dai guai, seppur arrabbiandosi per le sue azioni; non è dotato di un’intelligenza tale da non cadere nei tranelli di Crisalo, ma lo possiamo definire un uomo autoritario. Il padre di Pistoclero, invece, si dimostra più permissivo nei confronti del figlio, entro certi limiti, poiché anche lui da giovane ha commesso gli stessi errori.

La commedia presenta le caratteristiche tipiche delle opere di Plauto, come la presenza di figure retoriche e dell’ironia utile a raggiungere l’obbiettivo principale dell’autore: far ridere e applaudire il pubblico. Inoltre l’intreccio della storia è piuttosto complesso è presenta colpi di scena come il finale, in cui i padri cadono ai piedi delle ragazze.
L’opera presenta anche un esempio di metateatro nelle parole di Crisalo che terminano la scena XX: “Ma voi, spettatori, non vi meravigliate se tralascio la celebrazione del trionfo: è diventata una pratica così comune che non me ne importa niente. Ed ora, subito a versare l’intero bottino a chi abbisogna.”
La lettura della commedia è stata per me molto piacevole: la trama è complessa e travolgente e i dialoghi non sono per niente noiosi o faticosi da seguire. Inoltre, mi ha divertito molto la frase pronunciata proprio dal servo Crisalo nella scena XIV nel momento in cui ha perso la fiducia di Nicobulo: “Anche se ora gli chiedessi di non credermi, stenterebbe a credermi”.

Roberta Vinciguerra 3^i