La mia adolescenza ai tempi del Covid

Scuola, telefono, tv, chiacchierata con gli amici, telefono, allenamento, computer, tv. Una giornata tipo di un adolescente comune nel 2020-21.

Il 2020 senza dubbio è stato un anno caotico e monotono allo stesso tempo, ma anche complicato, noioso, produttivo, veloce e contemporaneamente lento. Insomma, gli aggettivi da attribuirgli sono infiniti e discordanti.

Dal punto di vista personale mi soffermerei su uno in particolare: complicato. Complice anche l’età. Sì, perché a 16/17 anni, stare chiusi in casa non è un granché. Magari all’inizio il pensiero generale era: “che bello, finalmente mi riposo un po’; due settimane in più di vacanze fanno proprio comodo”.

Poi chiusura totale, didattica a distanza, bombardamenti mediatici, numeri su numeri di malati e di morti. Le buone notizie praticamente non esistevano più. Il momento più emozionante della settimana era diventato mettere a posto la spesa.

“Ma in che assurda situazione ci troviamo?” credo sia stata una delle frasi più gettonate tra i pensieri e le brevi conversazioni in chat o separati da cancelli e balconi, insieme a “speriamo passi presto” o “dai prima o poi ce la faremo”. Bene. Le ultime parole famose. Un anno dopo ci ritroviamo in una situazione fotocopia. Unica differenza sono i vaccini, grazie al cielo! Però anche questi sono l’ennesimo interrogativo che si aggiunge alle ricorrenti incertezze che caratterizzano questo periodo.

Le giornate di quarantena mi sono servite per capire quanto importante fosse per me la quotidianità. Quanto mi facesse sentire bene stare sul bus, anche se assonnata, con le cuffiette o con davanti i libri per ripassare, sbuffando, pensando ad un’altra giornata in cui avrei preferito stare a letto a dormire. Ma poi le chiacchiere, gli scherzi, le “lotte” per prendere la pizza, le assemblee. Poi uscire quando avevo poco da fare, andare in palestra a sfogarmi, cenare fuori, decidere dove andare il sabato sera. Discoteca, casa di amici, compleanni. Viaggi e gite. Tutto così normale. E invece ora, per avere un contatto oltre le mura di casa, l’unico modo è guardare uno schermo. Non riesco ancora a capacitarmi di ciò.

La prima quarantena non si scorda mai. Sono stati mesi strani ma tranquilli nella bolla di casa, semplicemente sapevo di non poter uscire, quindi ero relativamente calma e più motivata. Era il periodo in cui tutti cercavano di fare qualcosa, di investire bene il proprio tempo, di perfezionarsi, pensando che ne saremo usciti migliori.

Io ho iniziato a ragionare sul mio futuro (anche per non pensare solo ai compiti). Tutt’ora ci penso e col senno di poi mi ritengo abbastanza soddisfatta delle ricerche tra siti di università, vari corsi di studi e articoli per decidermi. E ora sono giunta ad una conclusione. Inoltre ho iniziato a programmare le giornate, così da avere sotto controllo il tempo a disposizione e le cose da fare. Mi sono dilettata in cucina (come probabilmente tutti gli italiani) e ho cambiato alimentazione. Ho visto serie in inglese e spagnolo e approfondito queste lingue. La mia curiosità mi ha spinta a leggere molte cose online sugli argomenti più svariati, perché a mio avviso tutto ciò che sai e fai “può sempre servire”. Potessi tornare indietro leggerei più libri: la scuola porta via la maggior parte del tempo e non sono riuscita a gestire più letture contemporaneamente. Questo mi dispiace ma avrò tempo nella vita per leggere quanto voglio.

Poi finalmente l’estate: non vedevo l’ora arrivasse. Nonostante la chiusura della scuola fosse un giorno uguale agli altri, senza particolari festeggiamenti, se non chiudere il computer, era un passo avanti. Abbiamo vissuto tre mesi estivi spensierati, con meno restrizioni. Probabilmente questo ha provocato la situazione di adesso, tra zone colorate e dpcm.

Poi la quarantena di classe è stato un fulmine a ciel sereno: all’inizio non riuscivo a crederci. Subito dopo lo stupore è subentrata la preoccupazione per i miei amici e per le loro famiglie, poi per la mia famiglia e per me. La paura era più che altro aver potuto trasmettere il virus agli altri, quindi il periodo con tutte le precauzioni del caso è stato accompagnato da una buona dose d’ansia e di stress.

Credo che oramai tutti siano stanchi di questa situazione. Di dimostrazioni ne abbiamo molte: multe, proteste, niente rispetto per regole o persone (che invece stanno mettendo a rischio la loro vita per salvare quella degli altri). Certamente è il modo sbagliato per far sentire la propria voce. Sono la prima che non vede l’ora di tornare alla normalità, e spesso invidio i paesi in cui le restrizioni sono un lontano ricordo come l’Islanda o l’Australia che sono quasi se non completamente covid free (nonostante ciò continuano a tutelarsi in altri modi). Purtroppo non dipende da me, oramai mi sono quasi arresa e abituata a vivere così. Quando sarà il momento saremo tutti felici. Ora questo 2021 sta continuando nella falsa riga del precedente.

Quante cose ci stiamo perdendo. Da realista, che spesso sfocia nel pessimismo, non credo finirà tanto presto. O meglio lo spero, ma visto l’andamento non ci farei molto affidamento. Spesso mi chiedo, saremo costretti a vivere irrimediabilmente nella paura di ammalarci o di essere di nuovo chiusi in casa anche dopo che la situazione sarà almeno parzialmente normale? A meno che questa malattia non venga completamente debellata, e ne dubito (magari tra qualche anno ci sarà qualche caso), a quel punto che si farà?

Alla fine di tutto potrò fare un bilancio di questa mia adolescenza durante gli anni del covid. Chissà che ricordi avrò. Ora come ora non so cosa dire, so solo che avrei fatto volentieri a meno di tutto questo, ma è successo e prendo la vita come viene. Posso solo essere grata di stare bene e di avere amici e famiglia che ci sono sempre per me, nonostante la situazione.

Francesca Casimiro