RIFLESSIONI SULLA NOSTALGIA

Moltissime sono le volte in cui sentiamo parlare del sentimento della nostalgia: lo abbiamo letto sui libri di storia, lo abbiamo ascoltato dai giovani ragazzi e da anziani signori, lo abbiamo sentito alla radio durante una canzone, l’abbiamo visto negli occhi degli altri o lo abbiamo detto a qualcuno. La nostalgia, un sentimento tanto semplice quanto diffuso, si nutre di ricordi e di attimi volati via.

Lo psichiatra Eugenio Borgna nel suo libro “La nostalgia ferita” pubblicato a Torino nel 2018 riflette sul tema della nostalgia. Per lui, questo sentimento è tipico di tutti, perché si può provare in qualunque momento e a qualsiasi età. Borgna sostiene che esso sia positivo, in quanto permette di riflettere sul passato, di viaggiare dentro se stessi per comprendere quello che manca e di capire come e chi si è diventato oggi. Quindi, per lo psichiatra, non bisogna scappare da questo sentimento, altrimenti si soffocherebbero le “emozioni perdute”, che invece bisogna cercare per conoscere le “sconfinate aree dell’interiorità”.

Anche io penso che la nostalgia faccia parte della vita e che possano nascere diverse varianti e sfaccettature di questo sentimento. La vivono, infatti, i bambini appena nati che piangono sentendo la diversità delle condizioni della vita rispetto a quella all’interno dell’utero materno; la vive un adolescente in pieno inverno sommerso dallo studio, quando per sbaglio ritrova un vecchio video sulla galleria del telefono e rimpiange allora la spensieratezza del periodo estivo; e la vivono anche gli adulti quando ricordano i loro “anni d’oro”.

Quindi è vero che ogni uomo vive la nostalgia in ogni fase della sua vita in infiniti modi diversi, ma non sono d’accordo sulla concezione positiva della nostalgia di Borgna. Positivo, infatti, non è un aggettivo che assocerei a questo sentimento, anzi, al contrario, credo che a lungo andare possa pure distruggerti: è come se ti catapultasse in un passato che non puoi vivere più e questa consapevolezza è tutt’altro che positiva. Non credo che la nostalgia sia utile a conoscere di più se stessi o a comprendere chi siamo, come sostiene Borgna, credo invece che a volte renda tristi, deboli e meno in grado di godersi il presente.

Per questo motivo, contrariamente allo psichiatra, non sostengo la ricerca delle “emozioni perdute”, perché credo che siano già loro a cercare noi, come quando ascolti una canzone che ti ricorda un momento speciale, o un profumo che ti riporta in un luogo o ancora un atteggiamento che ti fa pensare a una persona. Sono tutte “emozioni perdute” che non si devono approfondire anzi allontanare, perché altrimenti eviterebbero di vivere il presente, facendoci rattristire pensando a ciò che potrebbe non ritornare.

Oggi più che mai il termine nostalgia assume un’accezione negativa, perché ci ricorda che non siamo liberi, che le mancanze che abbiamo sono troppe e questo inevitabilmente ci porta a concentrarci su cose che non abbiamo più, anziché su quelle che abbiamo. Ed in fin dei conti, anche se non ci facciamo caso, siamo fortunati, o per lo meno io lo sono: ho una famiglia numerosa che trova qualcosa da fare anche chiusi in casa, ho amici sinceri che ci sono nonostante non li veda tutti i giorni, ho un tetto sotto il quale stare e un letto sopra il quale dormire.  Ma riconosco che la nostalgia oscura tutto questo e mi fa pensare a quanto mi pesi non avere la vita di prima, non poter andare al cinema o al bar, non potersi vestire eleganti per uscire o pensare a chi deve prenotare il tavolo per mangiare il sabato sera. Sì, in effetti sono piccolezze, quelle piccolezze che ti mancano e di cui si nutre la nostalgia per assalirti.

In conclusione, se da un lato c’è la visione positiva della nostalgia di Borgna e dall’altro quella mia negativa , mi auguro che in pochi la pensino come me, perché il mondo è pieno di nostalgia e allora è meglio porti un po’ di positività e non il contrario.

Paola Cardile 5AT