Oggi serve studiare Latino?

Ogni studente, chiamato a tradurre una versione o a studiare un passo di letteratura, si è interrogato almeno una volta circa l’utilità dello studio del latino. Fin dal momento dell’iscrizione alle scuole superiori, infatti, ci si chiede se vale la pena o meno affrontare una disciplina complicata come  il latino  e se, di conseguenza, sarà conveniente scegliere di conoscerlo.

Se domandassimo ad una professoressa di latino se a tredici anni sapeva che quella lingua, che molti  definiscono  “morta” , sarebbe stata la sua passione, probabilmente ci risponderebbe di no. Nessun tredicenne, infatti, è in grado di sapere se, in generale,  la scelta dell’indirizzo di studi si rivelerà corretta; al contrario, uno studente di diciotto anni che ha volutamente scelto un corso con  il latino, conosce l’esito di quella scelta e magari si sorprende a notare come una lingua considerata morta sia parte della quotidianità ed è presente  in ambiti apparentemente lontani, anzi è un aiuto in situazioni apparentemente differenti. Leggendo un qualsiasi libro, facendo un tema, sentendo il telegiornale appare evidente, sorprendentemente ma al tempo stesso semplicemente evidente,  la presenza del latino all’interno della nostra vita. La nostra lingua è piena di espressioni latine che utilizziamo,  come “carpe diem” o “ad maiora”, ed è motivo di orgoglio, per uno studente che sa il latino, poter affermare di conoscere l’origine di questa espressione ormai comune. Saper collegare, inoltre, l’etimologia di parole italiane alla parola latina da cui derivano, permette di comprendere al meglio sfumature di significato in precedenza ignorate.

Nei licei scientifici, in particolare, si tende a non capire il nesso tra il latino e le materie di indirizzo, quali matematica e fisica, quando in realtà tale nesso è più che evidente. Tradurre un testo latino stimola il ragionamento induttivo, saper combinare dati quali la conoscenza della vita dell’autore e del suo stile, l’argomento trattato, il contesto storico, per comprendere appieno ciò che quel testo vuole comunicare è un procedimento proprio del metodo scientifico. Tradurre non è infatti, come qualcuno afferma, un processo meccanico, tutt’altro. Comprendere un testo e portarlo ad una forma italiana elegante e comprensibile, stimola abilità logiche paragonabili a quelle stimolate da un quesito di matematica complesso.

In secondo luogo, il latino è l’inglese dei quasi 2000 anni di quella storia che ci ha accompagnato fino a Dante Alighieri, la lingua ufficiale parlata e scritta nei testi che ci sono pervenuti e che perderemmo se non venisse più insegnato e, dimenticando quel pezzo di storia, dimenticheremmo le basi della nostra società. Il diritto, la legislatura, la politica hanno le loro radici nella cultura romana. Cicerone è stato, probabilmente, il più abile avvocato della storia, Giulio Cesare il politico più coraggioso. Per non parlare del contributo letterario, dato da Catullo, Orazio, Lucrezio da cui deriva gran parte dei generi letterari degli autori contemporanei, o del contributo scientifico e tecnico di Celso, Columella, Varrone, Vitruvio, della straordinaria modernità del  Satyricon di Petronio,  o della valenza filosofia e filantropica di Seneca.

Studiare un saggio del passato, leggere direttamente ciò che qualcuno ha voluto dirci è paragonabile al conoscerlo personalmente. Ogni persona di cui leggiamo i pensieri ci dà un messaggio che possiamo condividere o non condividere, ma che ci avrà cambiati per sempre. Tutto questo, piano piano, impercettibilmente, ci porta al beneficio più grande dato dallo studio del latino: lo sviluppo del pensiero critico.

Nella vita potremo essere scienziati, scrittori, artisti, ma prima ancora saremo persone che senza un arguto pensiero critico finiranno per farsi sottomettere da qualche adulatore molto convincente. Studiare la storia ci aiuta a non ripetere gli errori del passato, ma ciò che a volte non ricordiamo è che la storia è fatta da uomini e come possiamo conoscerla se non conosciamo direttamente i pensieri degli uomini stessi che l’hanno vissuta?

Francesca Zavettieri, V D no

Liceo Scientifico A. Volta, R.C.