Album di pixel

“Guardi certi fotografi di oggi: pensano, cercano, vogliono, si avverte in loro la nevrosi della nostra epoca attuale… ma la gioia visiva, in loro non la sento. Si sentono le ossessioni, il lato morboso di un mondo suicida…”

Questo è il pensiero riguardante la fotografia contemporanea di Henri Cartier Bresson (ritratto in foto copertina), un fotografo francese del XX secolo considerato il pioniere del fotogiornalismo. Come può, colui che ha rivoluzionato alcune regole della fotografia, avere un concetto così negativo delle generazioni a lui future che potrebbero rivoluzionare ulteriormente gli schemi della fotografia?

Cominciamo dal principio. I precursori della fotografia sono stati gli uomini primitivi che impressionavano la realtà sulla roccia con le pitture rupestri. Spesso si pensa alla fotografia come un’arte separata dal dipinto ma non è così. I dipinti realistici, sia paesaggi che ritratti, sono un modo di rappresentare la realtà con i mezzi dell’epoca di appartenenza. La prima vera fotografia è stata concepita nel 1826 dal ricercatore francese Joseph Nicéphore Niépce, che riuscì ad impressionare su una lastra la “Veduta dalla finestra a Le Gras” (vedi foto seguente).

In seguito nel 1835 Fox Tablot inventò un mezzo per impressionare le immagini nella camera oscura, il calotìpo. Louis-Jacques Mandé Daguerre ne rimase affascinato, così nel 1839 migliorò il calotìpo di Tablot dando vita al dagherrotipo. Questo ridusse il tempo necessario al processo di fissaggio e migliorò la qualità dell’immagine. Alcuni anni dopo la collaborazione tra lo scienziato James Clerk Maxwell ed il fotografo Thomas Sutton, ha portato alla creazione della fotografia a colori. Un secolo dopo Steven Sasson creò il prototipo di una macchina digitale reflex ma non ottenne molta fama. Solo nel 1977 si sviluppò l’utilizzo delle macchine digitali. Arriviamo al pioniere delle fotocamere dei nostri smartphone, Philippe Kahn che nel 1997 riuscì a collegare una fotocamera digitale ad un telefono cellulare.

Oltre allo sviluppo tecnologico, la fotografia ha subito un forte cambiamento anche nel modo in cui viene eseguita. Le prime foto sono state fatte ai cadaveri sdraiati sul letto di casa per lasciare un ricordo ai parenti. In seguito sono state scattate ai soldati prima di partire per il fronte, fino ad arrivare alle foto di famiglia durante i giorni di festa. Con l’arrivo della pellicola, e successivamente delle fotocamere digitali reflex, sempre più gente ha iniziato ad avvicinarsi al mondo della fotografia. Le foto così hanno cominciato a riguardare ogni oggetto o persona della realtà circostante. Per esempio i genitori hanno scattato e organizzato in album, le foto raffiguranti la crescita del figlio fino alle generazioni dei primi anni 2000. Le nuove generazioni invece avranno le foto conservate su un cloud computing cioè una tecnologia che permette di archiviare i dati in rete senza averle materialmente. Aver perso la tradizione di stampare le foto ha fatto sì che i ricordi siano conservati su dispositivi tecnologici rendendole immateriali ed effimere.

Ora possiamo rispondere alla domanda iniziale: Bresson ha un concetto negativo sulle nuove generazioni perché non conoscono né le origini né le regole della fotografia, sono abituati a guardare le foto scattate da uno smartphone e pubblicate sui social. Solo pochi decidono di “convertirsi” al mondo delle reflex digitali ma privi di ogni conoscenza tecnica ed artistica. La fotografia in un certo senso sta perdendo il suo lato artistico diventando solo un mezzo per apparire o pubblicizzare e non per rendere eterno un istante.

Valeria Difazio 3A