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Mutilazione genitale femminile: l’orrore di milioni di bambine

La mutilazione genitale femminile (MGF) è una pratica che prevede l’incisione, la lesione o la rimozione (totale o parziale) degli organi genitali femminili esterni, non a scopo medico.
Internazionalmente riconosciuta come una violazione dei diritti umani delle donne, volta a limitare sia la libertà di scelta in merito al proprio corpo che i diritti riproduttivi e sessuali, oltre a porre in notevole risalto la disuguaglianza di genere.

Ogni anno, circa tre milioni di ragazze, a partire dall’infanzia sino ai quindici anni di età, sono vittime di questo abuso. Attuare questa operazione è considerata un’attività illegale, ma è comunque diffusa in oltre trenta paesi del mondo e in sette di essi si applica sulla totalità delle bambine o delle ragazze che, altrimenti, non sarebbero accettate come membri effettivi della comunità.
Tra i paesi in cui il fenomeno si manifesta in percentuali estremamente alte vi sono l’Africa (esclusi ventiquattro paesi Subsahariani in cui sono applicate delle leggi per tutelare le donne dalla MGF), il Medio Oriente e l’America Latina; tuttavia raggiunge anche Canada, USA, Australia ed Europa. Sebbene la pratica stia diventando meno comune nella maggior parte dei paesi in cui è prevalente, in una parte di essi è evidente un elevato tasso di crescita della popolazione, pertanto, il numero di ragazze sottoposte a mutilazione genitale femminile continuerà a crescere finché le azioni che operano per l’abbandono della pratica non diventeranno più numerose. Per promuoverne l’abbandono, sono urgenti interventi coordinati e sistematici, volti innanzitutto a convincere le donne delle comunità a focalizzarsi sui diritti umani e sull’uguaglianza di genere. È, inoltre, necessario intervenire sui problemi di salute delle sfortunate ragazze che soffrono per i seri effetti dell’intervento. L’operazione, infatti, non è compiuta da figure competenti, in un ambiente consono e con gli accorgimenti necessari al fine della sua migliore riuscita, ma da un circoncisore del luogo (occasionalmente aiutato da levatrici, ostetriche o altre donne appartenenti alla comunità), con l’ausilio di una semplice lama non sterilizzata e senza la somministrazione di anestetici e antibiotici, dunque è altissima la probabilità di sviluppare infezioni o altre gravi problematiche. Tra le conseguenze più comuni, vi sono future complicazioni durante il parto e pericolose emorragie che innumerevoli volte hanno stroncato giovani vite. Oltre che fisicamente, le ragazze sono compromesse mentalmente da un evento tanto traumatico quanto culturalmente radicato, a cui non hanno modo di sottrarsi. Difatti la lesione dei genitali è in uso sin dal V secolo a.C. e attualmente è tramandata come una qualsiasi usanza accettabile, se non fosse che non concerne libertà di scelta, essendo obbligatoriamente praticata facendo leva sull’ignoranza e l’inconsapevolezza delle bambine. L’operazione è perciò presentata come un rito di passaggio necessario e ricco di falsi benefici; gli inganni maggiormente in uso e più convincenti (oltre le convenzioni sociali, culturali e religiose) sono di tipo medico, poiché alle ragazze viene mostrata come essenziale per la salute e l’igiene, informazioni indubbiamente false.

Globalmente, si stima che duecento milioni di bambine, ragazze e donne convivano con una forma di MGF, malgrado molte cooperative siano attive per informare sui danni di questa procedura e incoraggiare il cambiamento.

Rachele Rapisarda, III I