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Perché leggere la “Mostellaria”. Recensione commedia di Plauto

“Mostellaria”, detta anche “Commedia del Fantasma”, si sviluppa per cinque atti ed è una tra le più celebri opere di Plauto, prolifico commediografo dell’antichità latina, che modificò profondamente il teatro occidentale, con l’invenzione della “palliata”.
La commedia, priva di prologo, inizia con il dialogo tra i servi Grumione e Tranione riguardo le condizioni della casa dalla partenza del padrone Teopropide che ne ha lasciato la custodia al figlio Filolachete. Tuttavia, il giovane si abbandona a una vita di sperperi, imbandendo banchetti e passando il tempo con l’amico Callidamate e l’amata meretrice Filemazio. La donna incrementa i problemi economici del ragazzo che, per liberarla, si indebita con un usuraio. A peggiorare la situazione vi è l’arrivo del padre, avvistato da Tranione che avvisa Filolachete e architetta un piano quasi perfetto per nascondere la situazione al padrone. Così, lo raggiunge per informarlo che, a seguito di un vecchio omicidio, la casa è infestata da un fantasma che intima l’abbandono della zona. Ma i problemi aumentano e la situazione si complica a causa della curiosità del padrone e di altri personaggi, come l’usuraio.
I personaggi dell’esilarante vicenda sono molteplici, ‘tipizzati’, dalla personalità semplice e non approfondita. Il protagonista è Tranione, lo schiavo astuto e ingegnoso più fedele al giovane che al padrone; è evidente il rapporto amichevole che lega i due: Filolachete, infatti, è un ragazzo insicuro, incapace di assumersi le sue responsabilità e che nutre estrema fiducia nei confronti di Tranione. Altri personaggi rilevanti sono: Teopropide, un vecchio credulone e
padre di Filolachete e Callidamate, amico del giovane. Secondariamente, appaiono cortigiane, schiavi, il vicino di casa e l’usuraio.
A fare da sfondo alla complessa storia vi è un’ambientazione semplice, a tratti marginale. La commedia di argomento greco-romano è ambientata in Grecia, ad Atene, e i personaggi si muovono nella zona che comprende la casa del padrone e quella del vicino.
Nei dialoghi sono evidenti le caratteristiche del linguaggio plautino: sono frequenti espressioni scurrili, insulti e tirate, termini colloquiali e minacce, parole ripetute per simulare il balbettio di un ragazzo ubriaco, l’interruzione della quarta parete e lo scambio di battute finalizzate alla risata.

Personalmente, ho apprezzato in maniera considerevole la commedia letta e analizzata. In particolare: l’ironia e l’imprevedibilità presenti nel testo, caratteristiche che si contrappongono alla staticità dei personaggi e della trama, che così facendo appaiono più dinamici, poiché sottoposti a stimoli di vario genere. È in tal modo che avviene il totale coinvolgimento del lettore, impegnato a seguire gli intrecci della trama e a domandarsi come questi possano essere abilmente risolti. Le situazioni portate all’estremo, gli inconvenienti e la presenza di personaggi svegli accompagnati da altri sprovveduti, donano quel tocco di leggerezza e ilarità in più che, una volta letta la commedia, lascia un sorriso sul volto, sicché sorga spontaneo il desiderio di leggerla ancora una volta!

Rachele Rapisarda, III I