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Tornerà la normalità e tutto sarà come un brutto ricordo

Quest’ultimo anno è stato completamente imprevedibile. Dal concepire la libertà come una cosa naturale, siamo stati catapultati in un mondo di restrizioni. Mi rammarico nel pensare a quando tutto era così scontato…  è proprio vero che l’uomo non apprezza ciò che ha fino a quando non ne viene privato.

Non ho dato peso a molti aspetti della mia vita, credendo che sarebbero stati sempre parte integrante di essa. Invece, improvvisamente, ci è stato sottratto tutto.
Oltre a come gestire l’ansia, il panico e l’angoscia, in questo anno ho imparato tante cose.

Ho imparato a convivere con delle giornate incredibilmente monotone, tutte uguali. Ho imparato a renderle ognuna speciale a modo suo, aggiungendo spirito di iniziativa attuabile dentro quattro mura. La musica mi ha aiutato tanto. Il suo volume sovrastava le voci dei giornalisti che davano notizie sempre peggiori in merito ai contagi, ai decessi, alla scoperta del vaccino che sembrava solo un miraggio.

Ho scoperto che non sempre è un bene avere tanto tempo a disposizione da impiegare come preferiamo, che è bello avere una routine quotidiana fatta di tanti impegni diversi. Tornare da scuola e sbrigarsi con il pranzo per correre in palestra, doccia veloce e aperitivo. “Si ragazzi però non facciamo tardi, che ho il coprifuoco”. E pensare che in realtà non sapevamo neanche cosa fosse un coprifuoco.
Vorrei poter dire alla me che gridava “andrà tutto bene” che in realtà non andrà bene quasi niente. Non andrà bene a chi inizierà a soffrire la solitudine e entrerà nel vortice della depressione. Non andrà bene a chi perderà questa battaglia contro il virus, a tutti coloro che non hanno potuto salutare i propri cari prima che se ne andassero, alle piccole imprese cadute in fallimento a causa delle continue chiusure. Nonostante tutto mi ritengo privilegiata perché in questo periodo ho la mia famiglia vicino a me, ho la premura dei miei amici e un cane che mi viene incontro scodinzolando ogni volta che ho bisogno di affetto.
Ho imparato che essere grandi non sempre vuol dire essere saggi. Vorrei poter spiegare ai grandi che anche se siamo la generazione cresciuta con la tecnologia, non siamo dei robot. Manca anche a noi il contatto umano, ci manca il mondo reale che stiamo sacrificando. Vorrei poter dire loro che l’adolescenza non ha niente a che fare con le lezioni su teams e che un’uscita non può essere sostituita dalle videochiamate su WhatsApp, anche se in questo periodo sono state l’unico mezzo per accorciare le distanze. Vorrei poter dire loro che ritrovarsi costretti a conoscersi sui social non è come incontrarsi per sbaglio su una strada piena di persone.
Non siamo gli stessi dietro uno schermo.

Questo periodo non ha mai smesso di stupirmi. La Pasqua da soli in casa non ha lo stesso sapore. Mi è mancato prepararmi per andare a messa con la mia famiglia come eravamo soliti fare, preparare la tavola per trenta invitati, vedere i miei cuginetti felicissimi nel momento dell’apertura delle uova di Pasqua. Stessa cosa per Natale. Lo spirito natalizio è mancato quasi del tutto nonostante avessi fatto il possibile per renderlo un giorno speciale rispetto agli altri.
Quest’estate ho vissuto una parentesi di semi normalità. È stata una bella estate. Anche se dopo il primo lockdown anche solo un piccolo spiraglio di luce sarebbe sembrato l’intero sole. Non pensavo che dopo pochi mesi saremmo tornati punto a capo.
Anche rivedere i miei amici di scuola è stato consolante. Ci siamo ritrovati tutti cambiati: questo periodo ci ha fatto crescere tanto, e non solo fisicamente.

Spesso mi crucciavo per la vita frenetica che avevamo in famiglia, non eravamo mai liberi nello stesso orario, non riuscivamo a passare più di poche ore insieme. Adesso invece abbiamo recuperato la nostra convivenza, nonostante all’inizio sembravamo in continuo conflitto, visibilmente non abituati a non avere più i nostri spazi. Anche un piccolo gesto come prenderci la camomilla insieme la sera mi ha fatto riscoprire quanto valga avere accanto una famiglia.
Ho imparato che anche un’azione banale, come fare colazione nel bar in paese, possa mancarmi tantissimo, aspettare l’autobus per andare a scuola di fronte a cappuccino e cornetto mentre mi perdo tra i pensieri assonnati.

Aspetto che tutto torni alla normalità: torneranno le feste di paese, le sagre, i balli in spiaggia, le foto di gruppo vicinissimi. Torneranno gli abbracci con gli amici, i baci con i nonni. Torneranno le strade affollate, fiumi di persone che si riversano in un ammaliante caos. Torneranno le feste con centinaia di persone, i diciottesimi senza limiti di invitati, i concerti, le vacanze in famiglia, le gite. Torneremo a guardarci i sorrisi, a non immaginarli dietro una mascherina. Torneranno gli allenamenti in palestra, le partite di calcio, le partite di pallavolo.

Ci guarderemo indietro e tutto sarà solo un brutto ricordo.

Maria Chiara Stefano