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Superlega di calcio: una rivoluzione. La ragione? I soldi prima di tutto.

Martedì 20 aprile – Per molti il calcio è lo sport più bello del mondo. Vedere la propria squadra vincere partite importanti è una sensazione indescrivibile, specialmente se questa squadra sta emergendo inaspettatamente. Un sogno che potrebbe finire: 12 grandi team di importanza storica del calcio europeo, che si fanno chiamare club fondatori, hanno deciso di monopolizzare il mondo del calcio internazionale, creando la SuperLega, una competizione praticamente chiusa e assolutamente d’èlite.

Si tratta di una scelta assolutamente inaspettata e dal valore etico pressoché inesistente. Prima viene l’economia. Il calcio passa in secondo piano. Lo sport, già ora per una cerchia comunque vastissima, non sarà più di tutti. Nemmeno di molte squadre. Sì perché Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Tottenham, Atletico Madrid, Barcellona, Real Madrid, Internazionale di Milano, Juventus e Milan hanno deciso di creare un campionato per sole 20 squadre, tra cui 15 di quelle dette fondatrici più cinque che ogni anno verranno invitate. Un campionato che ne esclude molte altre. Nel calcio però non vince il più forte, ma vince chi è più forte. Si gioca tutto in una partita. Non sempre vincono le big e le big di oggi potrebbero non essere quelle di domani. Di fatto escludere squadre emergenti e “pericolose”, ‘calcisticamente’ parlando, significherebbe anche evitare di perdere contro di loro e quindi non compromettere la propria reputazione. Geniale no?

Ovviamente competizioni di assoluto prestigio e valore storico, piene di sfide combattute, ricche di storia, ricche di tifosi allo stadio per sostenere la squadra del cuore, come lo sono la Uefa Champions League e la Uefa Europa League, non sono destinate a scomparire, soprattutto perché sono competizioni molto amate, sentite e perfettamente funzionanti. È comunque evidente che senza la partecipazione di team di questo rilievo non avrebbero più così tanto seguito e le loro stesse partite, anche e soprattutto per le restanti squadre, perderebbero valore.

La conseguenza logica di ciò in realtà sembrerebbe essere il principale motivo della scissione della Superlega, ovvero quello economico. Infatti, in questo modo, i big club si spartirebbero solo tra loro i guadagni dei diritti televisivi, senza doverne cedere a chi sulla carta è, per così dire, inferiore. Ma se i riflettori saranno puntati su queste squadre, è logico che le altre subirebbero lo stesso effetto al contrario. Mentre queste si arricchirebbero le altre sarebbero meno seguite e si impoverirebbero. 

In più, i campionati nazionali stessi risentirebbero di questa politica di esclusione. Infatti, resta assolutamente da capire come le squadre rimanenti, che si troverebbero tra quelle partecipanti alla Superlega, potrebbero assegnarsi, raggiungendo le elevate zone della classifica, un posto in Champions o in Europa League. Questo posto in Italia è destinato, in linea di massima, a quattro squadre per il massimo campionato europeo e a tre per il suo secondo (l’Europa League).  Questo perché ci sono delle eccezioni e perché nel giro di non molto tempo dovrebbe aggiungersi una terza competizione, la Uefa Conference League, destinata alla settima qualificata.

Questo per quanto riguarda le squadre. Per gli arbitri è un altro discorso ancora completamente da definire. Ciò che è certo, e che dovrebbe bastare, è che si tratta di un problema da subito postosi, e che, attenzione bene, agli amanti delle critiche, a volte molto pesanti, come se tutti fossero perfetti: anche senza arbitri non c’è calcio.

UEFA e FIFA, insieme alla Lega Serie A Tim e non solo, si sono ovviamente opposte a questa iniziativa. Inoltre, anche molti allenatori come Klopp (ct del Liverpool) e De Zerbi (ct del Sassuolo) e team stessi, come ad esempio la Roma, si sono detti assolutamente a sfavore. Ma soprattutto per amore del calcio. Il calcio vero. Dove le partite tra le big arrivano raramente e quando arrivano sono travolgenti. Perché farle diventare monotona normalità? Il calcio, più in generale lo sport, emoziona, è unico, è passione. È diversità, è crescita, è ambizione. E la Superlega non è questo.

Riccardo Mufatti, 3BCL